Forse saprete già che piangere quando si è tristi non è un peccato, anzi, è uno sfogo spesso necessario a recuperare l’equilibrio mentale. Ma di questo parleremo in un secondo momento. Ora veniamo a una domanda che forse vi siete posti: ma perché proprio il pianto? Insomma, è facile capire che se vi entra qualcosa nell’occhio i dotti lacrimali si attivano per espellere il corpo estraneo. Ma come mai si piange anche quando si è tristi?
Tutto parte dal cervello, che elabora gli impulsi portatori di tristezza attraverso il cosiddetto sistema limbico. Esso è l’area cerebrale deputata alla gestione delle emozioni ed è collegato direttamente col sistema nervoso che trasporta gli impulsi dal cervello al resto del corpo. Il sistema nervoso, a sua volta, comunica con i dotti lacrimali.
La responsabile diretta del pianto è una piccolissima molecola, l’acetilcolina, che porta ai dotti lacrimali il messaggio: “Sono triste. Piangiamo”. In molti tentano di ricacciare indietro il pianto, perché c’è ancora la convinzione che si tratti di una reazione emotiva “sbagliata”, ma visto che non è possibile avere il completo controllo sul sistema nervoso è spesso impossibile frenarlo.
Ora che sapete qual è il meccanismo che sta dietro la fuoriuscita delle lacrime, veniamo alla loro utilità. Infatti il nostro corpo non reagisce mai a caso agli stimoli e alle emozioni. Pensiamo a una reazione puramente fisiologica, il tremore quando si ha freddo: in quel caso il corpo si mantiene in movimento per riscaldarsi. Anche le lacrime, quindi, devono avere una motivazione pratica.
Le lacrime sono un potente lenitivo. Contengono infatti leucine enkephalin, una sostanza dal potere analgesico che aiuta a calmare il dolore fisico, ma si rivela utile anche quando il malessere proviene da dentro. Ecco spiegato perché di solito, dopo aver fatto un bel pianto, ci si sente meglio a livello fisico.
Il pianto, inoltre, influenza le neurotrofine (proteine che favoriscono la sopravvivenza dei neuroni), favorendo la plasticità neuronale che a sua volta aiuta l’apprendimento. In qualche modo, quindi, il pianto favorisce una condizione nella quale si è più pronti a imparare dalle brutte esperienze vissute.
Quando cessiamo di piangere, a sorpresa il nostro cervello rilascia endorfine, i neurotrasmettitori del piacere: questo è il motivo per cui dopo il pianto molti provano uno stato di calma e si sentono anche un po’ più speranzosi. Una sensazione molto comune è che dopo aver pianto sopraggiunga una sorta di catarsi, con la sensazione di essersi tolti un peso dalle spalle.
Il pianto, infine, ha anche una funzione sociale: è infatti un chiaro segnale di malessere che chiunque può facilmente interpretare. Quando una persona manifesta la tristezza attraverso le lacrime, di solito gli altri si comportano con lei in modo più solidale, attento e premuroso. Piangere aiuta le persone a sentirsi più coese, fornendo un aiuto per contrastare le motivazioni che stanno dietro alla tristezza.