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    Adolescenti: quando la ribellione passa il limite
    I conflitti tra genitori e figli sono normali in adolescenza, ma in alcune occasioni superano i limiti e si trasformano in una tensione permanente.

    In adolescenza è normale entrare in conflitto con la famiglia. I ragazzi, nella loro crescita, attraversano un naturale processo di crisi: da un lato sono ancora molto giovani e continuano ad avere bisogno del sostegno dei genitori, dall’altro cominciano a sentire la necessità di distanziarsi, di creare un “io” diviso da quello della famiglia, più autonomo. Il conflitto è la sostanza di questa crisi che, ripetiamo, è del tutto normale. Litigare, mettere il muso, sbattere le porte è il modo in cui gli adolescenti ci comunicano che vogliono iniziare a mettere una distanza da chi li sta crescendo. Solo così possono iniziare a separare la loro identità da quella di mamma e papà, un processo che avrà compimento quando inizieranno a lavorare o andare all’università e andranno via di casa, vivendo le loro prime esperienze da soli.

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    Avere coscienza di questo non significa, però, che l’adolescenza non faccia male sia ai ragazzi sia ai genitori. C’è un confine tra la ribellione e il trattar male. Va bene qualche porta sbattuta ogni tanto, un po’ di mutismo al ritorno da scuola, va bene anche una parolaccia, ma qualche volta si passa il limite. Qualche volta l’adolescente tratta davvero male i genitori e manca loro continuamente di rispetto.

    Non bisogna però cadere nel tranello di pensare: “Mio figlio è cattivo”. Non si tratta di questo. Il motivo per cui certi ragazzi si comportano male con i genitori è che hanno un linguaggio emotivo disordinato. A volte la rabbia è semplicemente un modo di manifestare un disagio: dietro uno sfogo esagerato si nascondono tanti dubbi e insicurezze.

    Secondo una ricerca pubblicata nel 2025 su BMC Psychology, i conflitti tra genitori e figli hanno un impatto profondo sulla salute mentale degli adolescenti. Se il clima familiare si trasforma in un caos dominato da tensioni e litigi (che vanno oltre i piccoli e normali battibecchi) i giovani ne risentono, sviluppando problemi come ansia e depressione. Questo può accadere perché in famiglia ci sono dei problemi gravi, ma anche perché tanti genitori vengono sopraffatti dal cambiamento dei loro figli e adottano un approccio restrittivo e punitivo. Il ragazzo che vede il genitore come un avversario si sente solo e incompreso e perde la fiducia nel sostegno familiare.

    Come puntualizzano i ricercatori, però, non tutti i conflitti fanno male. Se ben gestiti, i litigi possono trasformarsi in un processo di crescita. Tutto sta nell’approcciarsi con amore ed empatia. Insomma, non si tratta del conflitto in sé ma del modo in cui viene vissuto.

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    Di fronte a un ragazzo che assume un atteggiamento provocatorio la tentazione di reagire con altrettanta rabbia è forte. In fondo siamo umani. Ma è possibile frenare l’irritazione e assumere, per quanto possibile, un atteggiamento equilibrato nei loro confronti. Questo non significa permettere tutto, lasciare che gli sfoghi diventino la normalità, ma evitare di cadere in trappola.

    Ecco cosa si può fare quando un adolescente manifesta un linguaggio emotivo disordinato:

    • Ascoltare prima di rispondere, dandosi l’opportunità di capire.
    • Ribadire che ci sono confini che non possono essere superati: “Puoi essere arrabbiato, ma non puoi assolutamente insultarmi”.
    • Sospendere la conversazione se si passa il limite. Questo serve a stemperare la rabbia, in modo che il confronto successivo si affronti con toni più pacati.
    • Contenere i figli. I genitori, nei confronti dei ragazzi, tendono a mettersi in due ruoli opposti: o severo censore o amico complice. I giovani non dovrebbero essere comandati a bacchetta, ma nemmeno essere lasciati a se stessi. Hanno bisogno di essere sostenuti, contenuti, indirizzati.

    L’adolescenza è un’età difficile. Spesso in questa fase della vita si sviluppano o si slatentizzano disturbi mentali, ben diversi dal disagio passeggero. È bene mantenere alta l’attenzione e chiedere aiuto se si notano comportamenti troppo estremi.

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