L'amore platonico, che si provasse per qualcuno di esterno alla coppia, non è di per sé un tradimento. È un desiderio emotivo di evasione, un'apertura verso il mondo ed è indice della capacità di provare sensazioni reali: un sintomo di salute, piuttosto che di malattia.
Nessuno può condannare i pensieri: essi sono liberi e possono posarsi dove vogliono. Essere coppia non vuol dire vivere in una campana di vetro, anestetizzata e chiusa.
Eppure l'amore fuori dalla coppia, anche se platonico, fa paura! Certo, perché mina dalle basi il nostro cieco desiderio di esclusività.
Vorremmo che tutto rimanesse "dentro" la coppia, che solo in essa trovassero spazio le parti migliori di noi. Non è sempre così.
Naturalmente bisogna saperlo gestire ed evitare di scadere, possibilmente, nel triviale. Ci sono caso e caso.
Anche la gelosia per un partner che vive un amore platonico per qualcun altro, di contro, è del tutto legittima. È normale sentire che una parte tra le più vitali di lui o di lei si sta dirigendo verso un punto che non coincide con noi, e provarne un certo dolore. Ma non possiamo colonizzare i pensieri di nessuno, come non possiamo colonizzare se non in parte il suo corpo.
Eppure, in qualche caso la cosa è finita persino in tribunale! Perché la gelosia per un rapporto platonico può anche causare la separazione (in concorso con altri fattori, presumo).
Un caso simile è stato analizzato proprio di recente dalla Corte di Appello di Palermo. Il caso è questo: due partner si separano e uno dei due chiede all'altro l'addebito, lamentando di essere stato tradito platonicamente con messaggi galanti sui social.
L'addebito, in giurisprudenza, è una conseguenza dell'adulterio: una «dichiarazione di responsabilità» a carico di chi ha tradito che comporta la perdita dell'eventuale assegno di mantenimento e dei diritti di successione.
La fedeltà, all'interno del matrimonio, è un obbligo di legge, ma tradirla non porta automaticamente all'addebito: la valutazione spetta sempre al giudice, che deve scegliere come agire caso per caso.
In questo caso, il giudice di Palermo ha decretato che l’amore platonico non può essere considerato tradimento. I messaggi su Facebook o su qualsiasi altra chat non possono essere causa di addebito. Il semplice rapporto di amicizia con persona dell’altro sesso, quando non ci sono elementi concreti di adulterio, non è stato classificabile come infedeltà coniugale.
Si sarebbe potuto parlare di tradimento, invece, se ad esempio una persona sposata avesse rivelato all'altra di amarla e di non riuscire più a vedere il marito o la moglie per questo; oppure se si fossero generate situazioni di "infedeltà apparente".
L'infedeltà apparente c'è quando una persona attua comportamenti che possono far pensare all'esterno, cioè a estranei e conoscenti, che essa tradisca il partner. Una infedeltà, quindi, che "appare" in pubblico anche se magari non è vera. In quel caso potrebbe esserci addebito.
La legge italiana, su questo punto, è molto divertente: si punisce infatti non il reato in sé, quanto l'immagine del reato. Diverse leggi a sfondo morale, come ad esempio quella contro l'incesto, non puniscono la cosa in sé, ma la cosa quando dà pubblico scandalo.
Su temi come questi è davvero difficile venire a un punto definitivo. Ma qualcuno, su questo tema, ha ironicamente commentato: «Ma Platone non poteva farsi i fatti suoi?».