Il termine "resilienza" oggi va molto di moda e si utilizza soprattutto in ambito psicologico. Ma prima di illustrare il significato che riveste nella sfera della persona, vediamo da dove nasce questo termine: dall'ingegneria.
In generale, la resilienza definisce la capacità di un sistema di adattarsi al cambiamento. In ingegneria, designa la capacità di un materiale di assorbire energia dalle "deformazioni elastiche"; capacità, quindi, di resistere agli urti.
Il termine viene utilizzato anche in altri ambiti scientifici: in ecologia e biologia, si tratta della capacità di una materia vivente di autoripararsi dopo un danno; in informatica definisce la capacità, ad esempio di un PC, di adattarsi a diverse condizioni d'uso.
Infine, in psicologia, la resilienza "misura" la capacità di reagire a eventi perturbanti e ai traumi.
Viste tutte queste definizioni, si capisce perché la parola "resilienza" vada tanto di moda. Il mondo contemporaneo ci presenta ogni giorno piccoli e grandi traumi e ci richiede una capacità di adattamento continuo, molto superiore a quella che veniva richiesta ai nostri bisnonni. Cambiamo lavoro più volte nel corso della vita, sperimentiamo crisi economiche cicliche, cambiamenti tecnologici velocissimi e anche la storia sentimentale e le relazioni si sono fatte decisamente più variegate di come potevano essere un tempo.
La resilienza, per noi, è una capacità obbligatoria.
Qualcuno, tra i pensatori, ultimamente si è però dedicato a combattere contro l'idea di resilienza. Se l'uomo resiliente è colui che riesce ad adattarsi a qualsiasi evento, in modo quasi passivo, lasciandosi trascinare sorridendo dalla corrente, l'uomo che oggi forse manca di più è il suo contrario: l'uomo resistente, che si oppone al cambiamento mantenendo un suo centro forte e rischiando anche di "spezzarsi" per mantenere la propria coerenza.
È innegabile che dal punto di vista politico e sociale un po' più di resistenza potrebbe far del bene alla vita civile. Ma nell'ambito personale, di noi "pesci piccoli", resta comunque primaria la capacità di non farsi "mangiare" dai cambiamenti del mondo e dalle nostre private emozioni.
La resilienza è una capacità che non tutti posseggono allo stesso modo, ma è forse possibile allenarla. Come? Ecco i consigli del portale di informazione psicologica "Guida Psicologi":
Avere una solida rete sociale, fatta di amicizie sincere, aumenta la capacità di resilienza di una persona. La certezza di poter contare su un appoggio rende più facili i cambiamenti: per questo crearsi un ambiente sociale positivo corrisponde all'aumento della propria capacità di resilienza
Dire che una persona resiliente sia semplicemente un camaleonte sociale è una esagerazione. Anzi: avere obiettivi di vita chiari aiuta la resilienza, perché fornisce un antidoto alla confusione esistenziale. La persona resiliente può essere in grado di "accantonare" momentaneamente i propri obiettivi con sano realismo, ma se non li possiede rimane soltanto un individuo in balia della sorte.
Sviluppare l'autocontrollo è il primo esercizio utile per far fronte agli eventi traumatici.
Cercate di analizzare la vostra vita sotto una luce ottimista: non tutto è negativo e alcuni cambiamenti dipendono da voi, altri no. Molte persone poco resilienti sono caratterizzate da una auto-colpevolizzazione continua o, all'opposto, si sentono sempre delle vittime. Cercare di ripercorrere razionalmente la propria vita evitando questi due estremi aiuta a ripristinare la capacità del soggetto di agire e reagire. Questo significa anche concentrarsi più sull'obiettivo che sulla colpa.
Non è vero che la persona resiliente non deve agire, ma solo parare i colpi. Rimanere attivi è il modo migliore di far fronte ai traumi. Se il resistente aspetta che arrivi un colpo e cerca di pararlo, il resiliente si muove in modo da evitarlo prima ancora che venga sferrato.
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