Nella cultura di oggi, dominata dal pensiero scientifico, è piuttosto normale pensare che i filtri d'amore siano delle brodaglie senza valore e, soprattutto, senza utilità.
Ma anche nell'antica Roma, un mondo non poi così lontano e così bigotto come talvolta possiamo immaginarlo, chi vendeva pozioni d'amore era punito come un ciarlatano.
Già dall'emanazione della legge delle dodici tavole (Vsecolo a.C) chi preparava gli amatoria pocula, come tali filtri venivano chiamati, era punito anche con la morte. Si credeva, infatti, che tali preparazioni fossero non solo inutili per raggiungere lo scopo, ma potenzialmente velenose per chi le assumeva.
Nonostante il veto, la pratica di preparare, consumare e far assumere pozioni amorose continuò, non solo tra i popolani ma anche tra gli strati più alti della popolazione. Anche se le notizie che ci giungono a riguardo sono filtrate dalla leggenda o dal personale disprezzo degli storici per alcune figure, il fatto che notizie relative all'assunzione di pozioni siano molteplici vuole almeno dire che esse facevano parte, in qualche modo, della vita dei romani.
Secondo Svetonio, l'imperatore Caligola impazzì perché vittima di un filtro d'amore. Secondo san Girolamo, anche il poeta Lucrezio ebbe una sorte simile per colpa di un potente filtro; sarebbe riuscito a comporre il suo capolavoro, il De Rerum Natura, solo nelle "pause" tra l'uno e l'altro nefasto effetto del veleno.
La pratica di assumere filtri d'amore non era l'unico bizzarro rituale per attenuare il dolore di un amore non ricambiato: altri riti prevedevano la recitazione di formule, la realizzazione di bamboline di cera da far sciogliere sulla fiamma, e via dicendo.
Gli ingredienti degli amatoria pocula erano vari, sicuramente disgustosi e fautori di non poche gastriti, coliche e rigetti; tanto che il poeta Ovidio, nella sua celebre opera Ars Amatoria, si sentì di dire che, se proprio si voleva preparare una pozione, lo si facesse almeno con ingredienti salutari: cipolla bianca dalla Grecia, mandorle, pinoli, erica e miele.
E oggi, duemila anni più tardi? Forse i filtri d'amore non hanno più la stessa popolarità di un tempo, ma esistono ancora persone che li preparano e li utilizzano. Provare per credere: fate un giro sul web e troverete decine di ricette. I ciarlatani dell'epoca romana rivivono oggi come maghi dell'internet, che promettono di preparare e usare in vostro favore potenti filtri d'amore anche a distanza(!).
Gli ingredienti che abbiamo trovato sono tantissimi e pure assurdi: ciocche di capelli degli ex, patate, vino, chiodi, urina, limoni e bottiglie intere di spumante, sangue mestruale, indumenti intimi e calze...
Alcune di queste assurde ricette vengono dal repertorio della tradizione popolare, altre sono semplicemente inventate lì per lì: ma il fatto che ancor oggi qualcuno possa permettersi di lucrare sui filtri d'amore è davvero stupefacente.
La condanna morale per chi si permette di truffare persone che soffrono per amore non è da discutere; la riflessione finale di questo articolo, dedicato a una situazione tutto sommato marginale, poco più che curiosa, può, secondo noi, essere questa:
Quando si soffre o ci si sente confusi, non solo per questioni d'amore, è davvero importante avere un sostegno al nostro fianco. Qualcuno può, certamente, accostarsi al mondo dei filtri d'amore e della magia per semplice curiosità; qualcun altro può farlo, però, manifestando inconsciamente il desiderio di avere un sostegno solido, di sfogare la confusione che si porta dentro.
Per questo esistono due potenti alleati: gli amici e i buoni libri. Anche un bicchiere di vino rosso, se è uno, ha un buon potere in questo senso (con i polifenoli che contiene, i quali almeno fanno bene).
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