Etèra, meretrix, cortigiana, fille galante, lucciola... e l'elenco potrebbe continuare, fino alle escort e alle sex workers di oggi. Ci riferiamo a quello che, con un eufemismo, viene definito “il più antico mestiere del mondo”. Ma lo è per davvero? In realtà no, perché il concetto di prostituzione implica un contesto di rapporti economici e culturali che è estraneo all'uomo primitivo.
Osservando le nostre cugine scimmie si è portati però a credere che la prostituzione abbia, in un certo senso, basi biologiche. Fra gli scimpanzé pigmei dell'Africa Centrale, per esempio, le femmine si concedono ai maschi in cambio di frutti e altre leccornie.
La prostituzione umana ha però radici diverse. Ai tempi dell'uomo preistorico la coppia era probabilmente a termine: ai 6-7 anni di età, i figli passavano sotto il controllo della tribù e, secondo gli antropologi, nel sesso anche la donna era "cacciatrice". Solo con lo sviluppo dell'agricoltura e il passaggio dalla vita nomade a quella sedentaria, circa 10 mila anni fa, nacquero, con la coppia stabile, la divisione fra sessualità maschile e femminile e, contemporaneamente, una difformità nel destino sociale delle donne. Il motivo fu in effetti soprattutto economico: per difendere e tramandare la proprietà privata (nata appunto con l'agricoltura) ai propri figli maschi, la paternità doveva essere certa. Quindi diventava necessario limitare la sessualità della "moglie", contenendone le relazioni sociali al di fuori della famiglia. È a quel punto che, per soddisfare la richiesta sessuale dei maschi, non solo quella dei “non accoppiati”, nacquero le prime forme di prostituzione femminile che, da una parte, non mettevano a repentaglio la famiglia e, dall'altra, permettevano la sopravvivenza di molte donne sole.
In origine alla prostituzione si dedicavano le schiave, le giovani sterili o le vedove senza protezione, ma c'erano anche culti che la incoraggiavano (compresa quella maschile) e sacerdotesse che diventavano "prostitute sacre", presumibilmente già tra i Sumeri. In tutto l'antico Vicino Oriente, in Mesopotamia lungo il Tigri e l'Eufrate, v'erano molti santuari e templi o "case del cielo" (dedicati perlopiù alle divinità dell'amore) dove la prostituzione sacra era una pratica comune.
Una tale tradizione si è conclusa quando l'imperatore Costantino, nel IV secolo, fece abbattere i templi dedicati alle dee per sostituirli con chiese cristiane.
La prostituzione era comune anche nell'antico Israele, nonostante fosse tacitamente proibita dalla legge ebraica: una parte significativa degli addetti alla prostituzione sacra all'interno dei templi era di sesso maschile; solitamente in onore della Dea Astarte era di uso comune anche in Sardegna e in alcune delle culture derivanti dai Fenici.
In Grecia sia le donne che i ragazzi potevano impegnarsi nell'arte della prostituzione. La parola greca per indicare la prostituta è "porné" (πόρνη), derivante dal verbo pernemi, vendere, e con evidente evoluzione moderna: la parola pornografia è direttamente derivazione da porné.
Le prostitute, uniche donne indipendenti di quella società, potevano anche essere notevolmente influenti (vedi ad esempio l'etera Aspasia, l'amante di Pericle). Erano tenute ad indossare abiti che le distinguessero da tutte le altre donne e dovevano pagare le tasse dei loro proventi; alcune somiglianze sono state ritrovate con la figura giapponese dell'oiran, che si ritrovava in una posizione intermedia tra la comune prostituta e la cortigiana più raffinata.
Alcune tra le prostitute greche, come ad esempio Lais, sono divenute celebri sia per la loro arte che per la notevole bellezza e fascino ch'emanavano; queste donne potevano addebitare somme enormi per i loro servizi. Fu Solone nel VI secolo a.C. ad istituire il primo bordello (oik'iskoi) dell'antica Atene, e con i guadagni derivanti da questo business riuscì a far costruire un grande tempio dedicato ad Afrodite Pandemos (corrispondente a Qadesh), epiteto che descrive la dea come patrona dei piaceri sensuali, in opposizione all'Afrodite Urania o celeste; era invece severamente proibita l'induzione alla prostituzione.
Comune era anche la prostituzione maschile, solitamente praticata da ragazzi poco più che adolescenti, riflesso dell'usanza del tempo riguardante la pederastia; capitava anche che giovani maschi ridotti in stato di schiavitù finissero col lavorare all'interno di bordelli esclusivamente maschili (ciò accadde al discepolo di Socrate Fedone di Elide). Per quanto riguarda invece i ragazzi liberi, coloro che sceglievano di vendere i propri favori rischiavano di perdere per sempre i diritti politici una volta divenuti adulti.
Nell’Impero Romano la prostituzione era legale, pubblica e diffusa. I cittadini romani di più alto status sociale erano liberi d'intrattenere rapporti sessuali sia con prostitute che con giovani maschi, senza per questo incorrere in alcuna disapprovazione di tipo morale; sempre a condizione che mantenessero il perfetto controllo e padronanza di sé, dimostrando moderazione nella frequenza del piacere sessuale.
Le pratiche attuate sono documentate dalle disposizioni del diritto romano regolanti la prostituzione, oltre che da iscrizioni come i graffiti di Pompei. Fino al IV secolo i grandi bordelli di Roma, alcuni dei quali di proprietà statale, erano delle vere e proprie attrazioni turistiche.
La prostituta registrata ufficialmente veniva chiamata meretrix (meretrice), mentre quelle non ufficiali rientravano tutte nell'ampia categoria delle prostibulae. Vi si trovano alcuni punti in comune con il sistema greco, ma col tempo, a mano a mano che l’Impero Romano s'espandeva ampliando i propri confini, le prostitute erano spesso di origine straniera, catturate nel corso delle guerre e ridotte in stato di schiavitù o abbandonate a loro stesse.
Durante il Medioevo, la prostituzione si poteva comunemente ritrovare nei contesti urbani. Anche se tutte le forme di attività sessuale al di fuori del matrimonio erano considerati peccaminosi dalla Chiesa Cattolica Romana, la prostituzione era di fatto tollerata (seppur in maniera riluttante) perché si riteneva evitasse mali maggiori come lo stupro, la sodomia; nonostante ciò erano molti i canonisti che premevano ed esortavano le prostitute a convertirsi e cambiare vita.
In seguito, divenne pratica comune nelle grandi città dell'Europa del Sud di istituire bordelli sotto il controllo delle autorità, vietando al contempo qualsiasi forma di prostituzione svolta al di fuori di tali locali; l'atteggiamento a cui ci si atteneva maggiormente in gran parte dell'Europa del nord era invece quello del laissez faire. La prostituzione trovò infine un mercato molto fruttuoso durante tutto il periodo delle Crociate.
Nel VII secolo il profeta islamico Maometto dichiarò la prostituzione vietata in ogni caso, considerandola un grave peccato. Ma nonostante questo la schiavitù sessuale è molto comune durante la tratta araba degli schiavi, durante tutta l'epoca medioevale e prima dell'età moderna, in cui donne e ragazze africane, caucasiche, dell'Asia centrale ed europee sono state catturate e costrette a servire come concubine all'interno degli harem dei signori arabi.
La posizione ecclesiastica nei riguardi della prostituzione era triplice: "l'accettazione della prostituzione come un fatto sociale inevitabile, la condanna di coloro che traggono profitto da questo commercio, e l'incoraggiamento rivolto alla prostituta di ravvedersi".
Tuttavia, le prostitute dovevano essere escluse dalla comunità cristiana fino a quando non avessero smesso d'esercitare. Intorno al XII secolo cominciò a prendere piede l'idea della prostituta redenta e divenuta così santa, questo soprattutto attraverso la figura di Maria Maddalena, una delle sante più popolari dell'epoca; si utilizzò la storia biblica della Maddalena - vista come prostituta convertita a seguito del suo incontro con Gesù - per incoraggiare le prostitute a pentirsi.
Con l'avvento della Riforma Protestante, un numero sempre maggiore di città tedesche chiusero i bordelli nel tentativo di sradicare il fenomeno della prostituzione. In alcuni periodi, le prostitute dovevano distinguersi da segni particolari, a volte tenendo i capelli molto corti o addirittura completamente rasati o indossare un velo che ne coprisse tutto il volto tranne gli occhi; i codici penali regolavano anche il crimine rappresentato da una prostituta che dissimulasse la propria professione. Infine, in alcune culture, le prostitute erano le sole donne che avevano il permesso di cantare in pubblico o di partecipare come attrici agli spettacoli teatrali.
Molte prostitute si spostavano secondo il calendario di fiere, mercati, pellegrinaggi, concili. Oppure accompagnavano gli eserciti (consuetudine tramandatasi fino a epoche recenti: si pensi alle francesi de regiment della Prima guerra mondiale), compresi quelli crociati.
Il Rinascimento vide affermarsi la cortigiana (così chiamata perché seguiva le corti), che ricalcava la figura dell'etèra greca. Le meretrices honestae possedevano un'educazione raffinata e nelle loro dimore passavano cardinali, artisti, nobili e re.
L'atteggiamento della società verso le prostitute mutò quando in Europa si diffuse la sifilide, considerata un castigo divino, e prese avvio il vasto movimento di moralizzazione promosso da Riforma e Controriforma. I postriboli vennero chiusi, le prostitute sottoposte a pesanti imposizioni fiscali e si tentò di relegarle in quartieri-ghetto. Tolleranza e repressione si alternarono nel corso dei secoli. Fino a Napoleone, fondatore della moderna regolamentazione delle case di tolleranza (passate sotto controllo dello Stato nel 1804; l'Italia ne seguì l'esempio col regio decreto del 15 febbraio 1860).
Sempre nell'800 prese piede la casa d'appuntamenti, dove l'incontro fra cliente e prostituta si accompagnava a una parvenza di seduzione. È del 1904 il primo accordo internazionale contro lo sfruttamento della prostituzione, del 1910 la convenzione per la repressione della cosiddetta "tratta della bianche".
Nella Russia dei soviet la prostituzione, considerata vergognoso retaggio dello "sfruttamento capitalistico", resiste: nel '22 furono censite 62 mila prostitute a Pietrogrado e Mosca. Solo nel '46 la Francia chiuse i bordelli, seguita dalla Germania. In Italia la legge per l'abolizione delle case chiuse, presentata dalla senatrice socialista Lina Merlin nell'agosto del '48, passò 10 anni dopo, il 4 marzo '58, tra accese polemiche e tesi ancora oggi dibattute. È stata l’ultima fermata di un lungo percorso di regolamentazione del sesso a pagamento nell'Italia unita.
Il turismo sessuale emerge nel tardo XX secolo come uno degli aspetti più controversi del turismo occidentale a seguito della sempre maggior globalizzazione, tipicamente intrapreso a livello internazionale da turisti provenienti dai paesi più ricchi del mondo. L'autore e storico norvegese Nils Ringdal ha affermato che tre uomini su quattro di età compresa tra 20 e 50 anni che hanno visitato l'Asia e l'Africa hanno pagato per il sesso.
Un nuovo tipo di approccio giuridico alla prostituzione è emerso alla fine del '900 e cioè il divieto di acquisto, ma non la vendita di servizi sessuali, con solo il cliente ad essere criminalizzato, non la prostituta. Tali leggi sono state emanate in Svezia (1999), Norvegia (2009), Islanda (2009), Canada (2014), Irlanda del Nord (2015), e sono anche presi in considerazione in altre giurisdizioni.