Per intraprendere l’argomento del vegetarianismo è necessario inquadrarlo in un primo livello storico-scientifico. Diciamo allora che esso ha radici antiche (legate a filosofie come quella stoica o di movimenti ascetici orientali) ma nella sua forma moderna risale alla metà del XIX sec. Nell'800, infatti, nacquero dei movimenti popolari che criticavano l’industrializzazione e la crescente urbanizzazione. La dieta senza carne, unitamente alla rinuncia a consumi voluttuari quali alcolici e sigarette, faceva parte dell’ideologia anti-capitalistica.
Nacquero poi le prime argomentazioni mediche, etiche e psicologiche a sostegno della scelta vegetariana, seguite nel tempo da ricerche scientifiche sul fenomeno. In questo contesto fu fatta una prima classificazione delle persone vegetariane: gli "etici", che hanno fatto questa scelta spinti da valori di stampo morale; i "salutisti", preoccupati in via principale della propria salute, gli "emotivi", ai quali semplicemente la carne non piace, e "altri residuali" che non agganciano la scelta a motivazioni particolari.
Gli studi sui vegetariani proseguono, si approfondiscono e ci restituiscono dati sempre più precisi. Ad oggi i sostenitori di questa scelta alimentare sono in maggioranza donne, residenti in grandi città e con un livello d’istruzione elevato. Alcuni scienziati hanno cercato di collegare l’essere vegetariani con il quoziente d’intelligenza e i loro studi dimostrerebbero che i vegetariani, da bambini, avevano un QI superiore a quello degli onnivori. Infine, altri ricercatori hanno evidenziato che i vegetariani provano maggiore empatia verso gli animali, essendo convinti che essi siano in grado di provare non solo le emozioni primarie come gioia, dolore e tristezza, ma anche quelle secondarie: speranza, malinconia, delusione. Queste emozioni complesse sono spesso attribuite dagli onnivori soltanto agli esseri umani. Per questo motivo si può (un po' semplicisticamente) affermare che i vegetariani sentano in modo diverso la sofferenza degli animali.
Ora, assodato che essere vegetariani non è una patologia o una devianza ma una semplice presa di posizione etica, è comunque utile comprendere meglio le motivazioni psicologiche della scelta. Esse potrebbero risiedere nell’inconscio e quindi risultare spesso poco consapevoli. Oltre alle motivazioni di tipo empatico, emotivo e salutistico, infatti, vi potrebbero essere impulsi legati ad atteggiamenti di tipo ossessivo-compulsivo, vale a dire la paura dei contatti, delle contaminazioni, l’ossessione dell’ordine e della pulizia. La carne susciterebbe in questo ambito un’idea di “morte” e di cosa poco buona, visto che a monte rappresenta il dominio di un soggetto (l’uomo) su un altro più indifeso. Perciò il rifiuto dell’aggressività potrebbe inconsciamente rappresentare anche il rifiuto verso se stessi e la propria “parte oscura”, dimenticando che essa fa parte del nostro innato istinto primordiale.
Ciò detto, come per tutte le cose, essere vegetariani non dev’essere concepito in modo rigido, e per il resto la dieta vegetariana ha tanti vantaggi: chi la segue raramente è in sovrappeso o soffre di ipertensione e diabete, come pure sono meno frequenti i casi di patologie cardiovascolari e neoplasie. L’importante è assicurarsi un corretto introito giornaliero di ferro, vitamina B12, calcio e acido folico.
Ma ora diamo un’occhiata a quello che succede nel campo dei carnivori/onnivori dove, in qualche caso, può essere presente un particolare fenomeno psicologico denominato il “paradosso della carne” che si prova quando piace mangiare carne ma non si riesce a pensare da dove provenga. Pensare alla sofferenza animale è fonte di disagio anche per gli onnivori.
Consideriamo inoltre un fenomeno chiamato "empatia selettiva": chi mangia carne non riuscirebbe mai a cibarsi di animali che, nella nostra cultura, sono considerati amici: il cane o il gatto, ad esempio. In fin dei conti la maggior parte delle persone onnivore ama gli animali e vive con un animale domestico pur mangiando mucche, maiali, agnelli, caprioli, lumache, ecc.
E che differenza passa tra un cane ed un maiale? Per un vegetariano nessuna; per un onnivoro, il primo è un essere intelligente, di compagnia, uno della famiglia; il secondo “è stato creato per essere mangiato” come ci hanno tramandato gli antenati e poi “serve mangiarlo perché le proteine animali sono utili”.
In conclusione vale il detto “siamo quello che mangiamo” dal momento che il cibo rispecchia il nostro carattere e il nostro approccio alla vita. Esso, come il costume, cambia nella storia e di volta in volta può farsi moda e status symbol. E’ anche questo che ci rende uomini, nel bello delle differenze reciproche.