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    Perché pensiamo di non piacere agli altri?
    Tutti vogliamo piacere agli altri, perché questo soddisfa il nostro bisogno naturale di socializzazione. Quando però il desiderio di piacere o la paura del rifiuto smettono di essere delle opportunità e diventano invece dei blocchi?

    Nelle persone particolarmente carismatiche tendiamo ad ammirare una particolare abilità: quella di piacere a molti, pur non preoccupandosi di piacere a nessuno. D’altra parte molti di noi, spesso, sono presi dal problema opposto: si affannano a rincorrere il favore e l’affetto altrui senza ottenere sempre il risultato che si aspettano. 

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    Voler piacere ai colleghi di lavoro, ai parenti, ai vicini, agli uomini o alle donne che ci attraggono è naturale, perché l’essere umano è un animale sociale che ha costantemente bisogno di sentirsi parte di un gruppo. Questo meccanismo virtuoso, però, si inceppa dal momento in cui la risposta degli altri, positiva o negativa, inizia a diventare il metro di paragone con cui valutare se stessi. Spieghiamoci meglio: tutti vorremmo il favore degli altri e ci dispiace ricevere odio o indifferenza; ma qualcuno, quando si sente attaccato o rifiutato, si pone dalla parte del “nemico” e dice a se stesso che sì, in fondo non merita l’amore e la stima degli altri. Chi fa così permette al mondo esterno con le sue mille voci di incidere profondamente sulla propria autostima e, spesso e volentieri, fraintende i segnali altrui trasformandoli in testimoni del tanto temuto disprezzo (che, in ultima analisi, è lui per primo a rivolgere a se stesso). 

    I primi a concentrarsi eccessivamente sul piacere o non piacere agli altri sono i ragazzi adolescenti, e non senza ragione: in quel momento della vita, decisivo per la costruzione della propria personalità, i confini tra l’io e il “gruppo” tendono a confondersi, in un desiderio quasi di fusione con gli altri. Questa fase si supera, di solito, quando la propria vita inizia a scorrere sui binari più solidi dell’età adulta; ma per qualcuno, la paura di non piacere e quindi di essere esclusi dura per tutta la vita. 

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    A volte la paura di essere giudicati male ha a che fare con una scarsa autostima, altre volte si collega a una mentalità perfezionista e ambiziosa, sorretta però da una insicurezza segreta. Permettere agli altri di dirci chi siamo (interpretando solo i segnali potenzialmente negativi e molto più raramente quelli positivi) può indicare anche un atteggiamento un po’ autolesionista, in cui la persona sente costantemente il bisogno di rimproverarsi, di punirsi e di mettersi in discussione. Per chi ha questo tipo di forma mentis i successi, i riconoscimenti, gli amori vissuti non basteranno mai a correggere l’immagine negativa e distorta che ha di sé. 

    Come capire se una persona è atelofobica, cioè molto preoccupata del giudizio altrui tanto da farsene limitare? Ecco alcuni tratti caratteristici: 

    • Chi è atelofobico sente sempre il bisogno di giustificare le sue azioni in modo da prevenire eventuali critiche o attacchi esterni. 
    • Chi è atelofobico si ritrova spesso a rimuginare sui propri comportamenti e a chiedersi che cosa gli altri avranno pensato in diverse circostanze. 
    • Chi è atelofobico potrebbe faticare a prendere delle decisioni per paura che queste possano non piacere agli altri. A volte fa cose che non vuole pur di evitare la disapprovazione altrui. 
    • Chi è atelofobico fa molta fatica a dire di no o a porre dei “paletti”. 
    • Chi è atelofobico potrebbe faticare a chiedere l’aiuto degli altri per non mostrarsi debole o incapace (cosa che crede di essere). 
    • Il perfezionismo dell’atelofobico lo porta a porsi degli obiettivi molto più grandi di sé o a sentirsi sempre insoddisfatto. 
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    Gli atteggiamenti qui descritti manifestano anche i rischi connessi all’atelofobia: infatti, il pericolo è di trovarsi costantemente incastrati nelle conseguenze di scelte non volute, di sacrificarsi per una causa nella quale non si crede, di sovraffaticarsi o di sentirsi frustrati dagli insuccessi, di porsi in una posizione di debolezza stando sempre “in difesa”. Questo permette ai cosiddetti vampiri energetici e ai manipolatori di avere molto terreno su cui avanzare, accampando continue richieste o servendosi della persona atelofobica per i propri scopi. Ecco perché coltivare la propria autostima e superare il bisogno di piacere ad ogni costo significa smettere di dare terreno alle personalità tossiche e migliorare la propria qualità della vita.

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     Commenti (2)
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    1. albatross20, Roma (Lazio)
      sempre interessanti gli articoli pubblicati, con un linguaggio semplice e chiaro
    2. 1957francesco, Genova (Liguria)
      Molto interessante la descrizione.
    Grazie per aver immmesso il tuo commento!
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