I concetti di amore libero, poliamore, coppia aperta salgono alla ribalta della cultura occidentale a partire dal ‘68. I giovani di allora andavano alla ricerca di un modello di vita non conforme al bigottismo “borghese”; volevano una vita fatta di eterna esplorazione, di sublimazione della realtà. È dal ‘68 che dilagano, apparentemente senza un legame reciproco, l’amore libero e le droghe. Il tentativo di base, da un certo punto di vista, era lo stesso: forzare la “gabbia” in cui ci si sentiva imprigionati dalla cultura tradizionale e andare oltre.
A distanza di più di cinquant’anni, alcune delle conquiste di quel periodo permangono. Il poliamore e la coppia aperta ne sono un esempio. Ma siamo in grado, trascorsa la temperie hippie, di prendere questo tipo di legami serenamente e gioiosamente, come i sessantottini speravano?
Di fatto quello del poliamore è ancora un fenomeno semisommerso e non mancano le persone che lo considerano immorale. Anche chi abbraccia in modo convinto questo stile di vita raramente riesce a “vaccinarsi” contro gelosia, possessività, sfiducia e insicurezza. Il mondo si spacca, ancor oggi, tra chi reputa la poligamia una conquista meravigliosa e chi sostiene che sia il male assoluto. Una cosa si può dire per certo: tenere in piedi una coppia aperta, ma anche serena, richiede uno sforzo ben maggiore rispetto a una relazione monogamica. Chi prende la via dell’amore libero come una scappatoia facile finirà probabilmente per farsi male.
Uno studio di qualche anno fa ha seguito per cinque anni alcune coppie aperte o poliamorose, insieme a coppie tradizionali che formavano il gruppo di controllo. A distanza di cinque anni si è notato che nelle coppie poligamiche il tasso di separazione era più alto. Tra quelle che erano rimaste unite, invece, la soddisfazione per il rapporto era pari a quella del gruppo di controllo. Lo studio conferma che la coppia aperta può dare la stessa soddisfazione rispetto a quella monogamica, ma richiede più attenzione e più cura, essendo alto il pericolo che a un certo punto di “scoppi”.
Pensiamo alla gelosia, il vero e proprio spauracchio delle coppie aperte: non solo essa è naturalmente presente in quasi tutti i rapporti umani, ma in questi contesti relazionali diviene una sorta di tabù. Molte persone inserite in rapporti poligamici si vergogna della propria gelosia, non riesce a comunicarla e può finire per isolarsi, interrompere la comunicazione con i partner, soffrire molto. Le relazioni dovrebbero essere affrontate senza pregiudizi, né da una parte né dall’altra. Le coppie aperte soffrono di pregiudizi diversi da quelli delle coppie monogame, ma sono ugualmente danneggiate da essi.
La coppia aperta non è per tutti e, fortunatamente, ha smesso di essere una moda. È giusto che nella nostra società convivano diverse maniere di intendere l’amore e che nessuna prevalichi l’altra. Chi si sente propenso alle relazioni poligamiche deve sapere che non sta seguendo banali “fantasie di tradimento” ma sta abbracciando un sistema di vita complesso che implica molto amore ma anche molta responsabilità.
La tentazione di chiamare “coppia aperta” tentativi in extremis di salvare la coppia monogamica dalla crisi, dalla noia o dal calo del desiderio è fallimentare. Questa forma di tradimento consensuale non solo non allevia i sintomi della crisi interpersonale ma non lavora nemmeno sulle cause. Ben diverso è fondare la propria vita su una poligamia etica dal semplice tradire “avvertendo” il partner.
Perciò, quando siamo in coppia e ci viene l’idea di trasformarla da chiusa ad aperta, chiediamoci prima di tutto perché lo vogliamo fare: è un desiderio genuino o una scappatoia? È qualcosa che ci renderebbe felici o ci farebbe evadere dai problemi? In questi quesiti albergano tutte le risposte.