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    L'amore muore oppure si trasforma?
    Quando siamo lasciati perdiamo una persona, ma non l’amore che ci ha legati a lei né i preziosi insegnamenti che la relazione ci ha dato su noi stessi.

    Perdere l’amore è un’esperienza che somiglia a veder morire una persona cara. A dirlo così sembra sproporzionato, eppure la maggior parte di noi sa che cosa significa e quanto sia forte il senso di privazione che si sperimenta quando in modo più o meno improvviso la persona che amiamo si allontana da noi. Ma il sentimento d’amore “muore” con la fine di una relazione oppure si trasforma?

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    Freud diceva che l’esperienza della perdita è un evento segnante nella vita delle persone. Pur nei suoi diversi gradi, dalla perdita di un oggetto caro o prezioso alla perdita di  un genitore o di un innamorato, si assiste sempre e comunque a un lutto che va affrontato, principalmente secondo due direttrici: accettarlo e poi dargli un senso.

    Che ne è però del sentimento? Secondo la “terapia narrativa” questo non muore, ma si trasforma: come quando si perde una persona cara perché è morta non si smette di volerle bene, così si può fare anche quando si vive un lutto amoroso.

    La terapia narrativa dà un grande valore alla riscoperta dei bei momenti che si sono trascorsi con il partner che si è perso, inserendoli all’interno di un “racconto” che rivaluta il buono e l’utile, l’eterno, a discapito degli aspetti più tristi e tossici di una relazione. Questo serve a costruire, per quanto possibile, una visione meno dolorosa del passato, più utile per andare avanti.

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    Secondo molti psicologi, generare nuove narrazioni significa rivedere e trasformare i propri sentimenti sia di amore che di dolore, prendendosi più cura di sé ed evitando di interpretare le svolte naturali della vita come catastrofi senza soluzione.

    Chiaramente il lutto amoroso non può essere superato dall’oggi al domani e il percorso non è per niente facile. Come il lutto legato alla morte di un caro, il lutto d’amore porta alla luce sentimenti molto intensi, che fanno male: dalla negazione, alla disperazione, all’idealizzazione di ciò che si è perso, all’autocolpevolizzazione.

    È nella nostra natura di esseri umani sentire fortemente il dolore della perdita, perché il modo in cui costruiamo le relazioni più significative della vita è l’attaccamento. Ciò che ci consente di non “morire” per l’amore perduto è però una dote contraria, altrettanto importante: la capacità di dare un senso al dolore e di rimettersi in piedi, andando avanti con la vita. Siamo programmati anche per questo! Anzi, alcuni studi recenti hanno dimostrato che la ripresa da un lutto d’amore è molto più veloce di quanto non sembri: fin dai primi giorni di dolore intenso il cervello si sta riprogrammando per imparare dalla triste esperienza e ricominciare a vivere.

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    In conclusione, sembra che anziché sradicare forzatamente il sentimento che ancora ci lega all’ex sia molto meglio dargli il valore che merita, riconoscendo in che modo ha migliorato la nostra vita permettendoci di scoprire noi stessi. In questo senso l’amore, anche se finito, può trasformarsi in consapevolezza e in spinta vitale, non solo in dolore come comunemente si dice.

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     Commenti (2)
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    1. cri_cri62, Udine (Friuli-Venezia Giulia)
      Dipende poi dalla sensibilità di ognuno. Ho visto persone lasciarsi dopo anni senza che sicuramente abbiano provato né dolore né malinconia né gratitudine per ciò che si è vissuto né odio ( anche quello può starci). Niente. La superficialità dilagante "aiuta"anche a superare certi momenti in cui quantomeno ci si dovrebbe fermare e fare qualche bilancio. Meglio così.
    2. deborah722, Bari (Puglia)
      È vero... il lutto d'amore produce una nuova e energia, sia se si porta avanti una nuova esperienza bella e creativa, come è successo a me, sia che lo si affronti da solo. In quest'ultimo però, bisogna stare attenti a non cedere alla depressione e in alcuni vizi come l'alcool, il fumo, il cibo ecc
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