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    L'Italia condannata dall'UE per lo scarso rispetto dei diritti Lgbtq+
    Ungheria, Polonia, Italia: cos’hanno in comune questi tre stati? Sono stati tutti rimproverati, in una seduta dell’Europarlamento dello scorso marzo, per il loro operato nei confronti dei cittadini lgbtq+.

    Alcuni mesi fa l’Europarlamento, nell’ambito di una risoluzione sulla “depenalizzazione universale dell’omosessualità”, ha criticato l’operato di alcuni Paesi europei che sarebbero carenti per quanto riguarda il rispetto dei diritti dei cittadini lgbtq+. Tra i citati l’Ungheria (già adusa a rimproveri simili), la Polonia e l’Italia.

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    In tali Paesi, tra cui il nostro, sarebbero presenti importanti movimenti di opinione, capeggiati talvolta da leader politici o religiosi, che vogliono spingere a considerare l’identità lgbtq+ una “ideologia” e non una caratteristica inalienabile della persona.

    Lo spunto per la risoluzione europea di questa primavera viene dalla constatazione di quanto, nel mondo, siano ancora presenti Paesi che condannano l’omosessualità come se fosse un crimine: l’esempio più recente è l’Uganda dove un nuovo disegno di legge propone, a seconda dei casi, per il “reato” di amare persone dello stesso testo pene che vanno dai vent’anni di carcere alla morte. Il parlamento europeo si è dunque mosso per ribadire la volontà dell’UE di riconoscere e legittimare le minoranze lgbtq+.

    L’Europarlamento,  in particolare, ha criticato all’Italia le istruzioni date al comune di Milano sulla registrazione dei figli delle coppie omogenitoriali, che di recente è stata interdetta: un passo indietro che secondo gli eurodeputati andrebbe a sfavorire pesantemente tanto gli adulti, i genitori, quanto i bambini, aumentando la discriminazione nei loro confronti.

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    Dall’Europa ci viene, insomma, un invito ad essere sempre più attenti ai diritti delle famiglie e degli individui lgbtq+, con particolare riguardo alle adozioni e alle registrazioni dei bambini, ma anche schierandosi contro chi vuole vedere in un orientamento sessuale diverso da quello etero una sorta di capriccio.

    Da qualche anno l’Italia è in peggioramento per quanto riguarda i dati sull’omofobia. Dopo il covid il nostro Paese è sceso al trentacinquesimo posto in Europa sul fronte del rispetto dei diritti di gay, lesbiche, bisex, trans, gender fluid eccetera. La Gay Help Line, un numero telefonico gratuito a cui rivolgersi per chiedere aiuto contro abusi omofobi, riceve circa cinquanta chiamate al giorno, testimoniando quanto sia pervasivo questo problema nel nostro Paese.

    La violenza contro i cittadini e le cittadine lgbtq+ è un fatto radicato e, quel che è peggio, comincia tra le mura domestiche: dagli ultimi dati emerge che circa il 50% dei giovani ha problemi in famiglia dopo aver fatto coming out, e che lo stesso avviene addirittura nel 70% dei casi quando a “dichiararsi” è una persona trans. Ancora oggi tanti giovani dopo il coming out vengono abbandonati a se stessi e cacciati da casa, tanto da rendere necessaria la creazione di speciali comunità che possano fornire alloggio, vitto e un sostegno psicologico.

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    Speriamo che questa “strigliata” da parte dell’Europa possa aiutare il nostro Paese a migliorare sempre di più la sua legislazione in un’ottica di rispetto di tutte le minoranze.

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