A chi non è capitato ogni tanto di alzare le mani e pronunciare l’iconica frase: “Preferisco non sapere?”. Questo accade quando si è a un passo dallo scoprire una verità che non si desidera conoscere e quindi si fa marcia indietro. Tale atteggiamento è chiamato ignoranza intenzionale.
La vera ignoranza è definibile come una condizione passiva: non si sa qualcosa perché non si hanno a disposizione le informazioni e nemmeno gli strumenti per cercarle. Ad esempio, se un mio amico parla male di me alle mie spalle, io posso non saperlo e continuare a stargli accanto, inconsapevole, ossia ignorante. Diverso è il caso in cui un altro amico viene da me e mi fa: “Ma lo sai cosa X dice di te in giro?”. In questo caso la persona che arriva da me con l’informazione è lo strumento per colmare la mia ignoranza e scoprire la verità: posso decidere se utilizzare questo strumento o non farlo. Se dico: “Per favore, non voglio saperlo” scelgo l’ignoranza intenzionale.
Perché capita così spesso di scegliere di non sapere? Non è forse umano avere curiosità e andare in cerca della verità? Beh, potremmo rispondere che dipende da quanto questa verità ci mette a rischio.
Facciamo un altro esempio di ignoranza intenzionale: tutti, o quasi, sanno che i capi venduti a prezzi stracciati dai marchi fast fashion sono il risultato di uno sfruttamento schiavistico di chi li produce. Eppure le persone continuano a comprare da quei marchi, alimentando la schiavitù moderna. Perché scelgono di non pensare alle conseguenze delle loro azioni? La risposta è banale: perché vogliono il tal vestito, e basta.
Potremmo dedurre che a volte l’ignoranza intenzionale è figlia della paura, come nel primo caso che abbiamo descritto, ma più spesso è dettata dall’egoismo e dalla convenienza, come nel secondo caso.
Uno studio ha dimostrato che l’ignoranza intenzionale entra spesso in gioco per conseguire più serenamente un vantaggio per se stessi. Alcuni volontari sono stati posti di fronte a una scelta: accettare di ricevere 5 euro oppure 6 euro. Tutti vorremmo avere 6 euro anziché 5, no? Ma questa scelta aveva un’implicazione: chi avesse accettato la ricompensa più bassa avrebbe ottenuto, con questo gesto, che altri 5 euro fossero donati a un’associazione benefica; chi sceglieva di prendere la ricompensa più alta avrebbe generato una donazione di un solo euro. I partecipanti erano posti di fronte a una domanda: “Vuoi sapere che cosa succederà se sceglierai la ricompensa più bassa invece di quella più alta?”. Molti dei volontari hanno dichiarato di non voler sapere nulla, pur di intascare un premio più alto. Naturalmente chi sceglieva di sapere aveva una probabilità maggiore di prendere 5 euro per donarne altrettanti.
In definitiva, chi sceglie l’ignoranza spesso lo fa perché vuole apparire buono e corretto, dato che se sapesse la conseguenza delle proprie azioni passerebbe da egoista. Un “lavarsene le mani” di biblica memoria.