Asia: la leggenda del filo rosso del destino.
Si tratta di una leggenda cinese molto diffusa in Giappone. Secondo la tradizione ogni persona nasce con un invisibile filo rosso legato al mignolo, che è a sua volta legato al mignolo della propria futura anima gemella. Il "filo del destino" è indistruttibile: le anime legate ad esso sono destinate, prima o poi, a incontrarsi e a sposarsi.
La leggenda ha come protagonista Wei, un uomo che, nonostante lo desiderasse, era arrivato a una cert'età senza trovare la sposa adatta.
Durante un viaggio Wei incontrò il Dio dei matrimoni, nella forma di un vecchietto che portava con sé un sacco e un libro. Questi, aperto il libro, rivelò a Wei che sua moglie ora era una bimba di tre anni e che avrebbe dovuto attendere altri quattordici anni prima di conoscerla.
L'uomo, deluso dalla risposta, chiese cosa contenesse il sacco; gli fu risposto che conteneva il filo rosso che serviva per legare mariti e mogli. Il dio assicurò a Wei che il filo che lo legava alla sua futura moglie era indistruttibile e il matrimonio sicuro. Wei non fu soddisfatto neppure di questa risposta, poiché voleva sentirsi libero di scegliere. Ordinò allora al suo servo di uccidere la bambina che il dio aveva indicato.
Il servo pugnalò la bambina ma non la uccise: riuscì soltanto a ferirla alla testa. Nel frattempo, Wei continuava a cercare una moglie.
Quattordici anni dopo l'uomo, ancora celibe, conobbe una bellissima ragazza diciassettenne e si sposò con lei. La ragazza portava sempre una pezzuola sulla fronte ma Wei le chiese il motivo solo dopo molti anni.
La donna raccontò che quando aveva tre anni fu accoltellata e che copriva per vergogna la cicatrice che le era rimasta. Allora Wei capì e l'amò più di prima.
Africa: la prova d'amore
C'era una volta un re che aveva una figlia ammirata da tutti per la sua bellezza e bontà.
Molti venivano a offrirle gioielli, stoffe preziose, noci di kola, sperando d'averla come sposa. Ma la giovane non sapeva decidersi.
Alla fine la principessa chiese a suo padre di fingere che lei fosse stata morsa da un serpente velenoso e fosse morta. Volle anche che la famiglia reale simulasse il lutto suonando i tamburi ed eseguendo le danze funebri. Il re non capiva il motivo della richiesta, ma fece ugualmente come la figlia voleva.
La notizia della morte della principessa si diffuse in fretta nei villaggi vicini. Subito arrivarono i pretendenti a chiedere la restituzione dei loro doni.
"Poiché la ragazza è morta", dissero infatti "rivogliamo indietro le nostre stoffe, i nostri gioielli e le nostre noci di kola".
Il re, disgustato dal loro comportamento, fece come chiedevano.
Per ultimo si presentò un ragazzo piangente, vestito di poveri stracci.
Egli confessò di avere sempre amato la principessa e di essere addolorato per la sua morte. Non aveva mai osato chiedere la sua mano perché era povero, ma ora desiderava donare degli abiti e delle noci di Kola perché al suo funerale ella fosse la più bella di tutte le donne mai esistite.
Il re fu commosso del gesto. Radunò allora la folla e diede la notizia: sua figlia non era morta. Si era trattato di una prova per verificare l'amore dei suoi pretendenti. Ora si era capito chi la amava davvero, ed era il giovane povero ma sincero.
Dopo qualche tempo si celebrarono le nozze con la più bella festa mai vista a memoria d'uomo.
I vecchi pretendenti non c'erano e non si fecero più vedere.
Oceania: i barramundi
Il barramundi (Lates calcarifer) è un pesce diffuso nella regione dell'Indo Pacifico, nel golfo Persico e nel sud est asiatico dalla Papua Nuova Guinea al nord dell'Australia. Una leggenda aborigena ne spiega l'origine.
Secondo la leggenda, un tempo non esistevano pesci e le persone si cibavano di carne, radici e bacche.
A quel tempo, due giovani di nome Boodi e Yalima volevano sposarsi. Ma gli anziani della tribù avevano deciso che Yalima dovesse maritarsi con un vecchio, per accudirlo nei suoi ultimi anni. Boodi e Yalima, disperati per la decisione degli inflessibili anziani, decisero di fuggire insieme e così fecero, nonostante la disobbedienza al volere dei capitribù comportasse la pena di morte.
Così, gli uomini della tribù incominciarono a dar loro la caccia.
I due amanti fuggitivi corsero e corsero, fino a essere troppo stanchi per continuare. Raggiunsero un territorio al margine della terra, dove iniziava l'acqua, e lì si prepararono a combattere, sapendo che non avevano altra scelta.
Mentre i guerrieri della tribù li incalzavano, raccolsero velocemente dei pali di legno e prepararono delle lance; ma i membri della tribù erano troppi, e in breve le lance si esaurirono. Allora Yalima si voltò verso il suo amato Boodi e gli disse che, se volevano rimanere insieme per sempre, sarebbero dovuti entrare in acqua.
Fecero come la donna diceva e sono ancora là, con le sembianze del pesce barramundi, a nascondersi tra i tronchi d'albero e le canne, per sfuggire agli uomini della tribù che con le loro lance appuntite li vorrebbero trapassare.
America: la leggenda dell'aquila e del falco.
Si tratta di una antica leggenda Sioux destinata a insegnare il mistero del vero amore.
È la storia di due giovani, chiamati Toro Bravo e Nube Azzurra. Essi si amavano molto, e un giorno giunsero dal vecchio della tribù e gli chiesero: “Noi ci amiamo e ci vogliamo sposare. Ma ci amiamo così tanto che vogliamo sapere come fare per restare insieme fino alla morte”.
Il vecchio sciamano comandò alla donna di salire sulla collina e prendere con il solo aiuto delle proprie mani il falco più maestoso che avesse trovato, riportandolo vivo al villaggio. All'uomo chiese di catturare nello stesso modo un'aquila.
Toro Bravo e Nube Azzurra fecero quello che lo sciamano aveva chiesto. Quando riportarono al villaggio i due rapaci, con loro grande sorpresa, al posto di un rito o un talismano trovarono un insegnamento.
Il vecchio infatti chiese loro di legare le zampe dell'aquila a quelle del falco e di lasciarli liberi. I due uccelli, limitandosi vicendevolmente nel volo, iniziarono a scagliarsi l'uno contro l'altro.
"Se volete che il vostro amore duri" concluse il saggio "volate assieme, ma mai legati. Perché il vero amore unisce, ma non vincola".
Italia: la leggenda degli eterni amanti.
Torniamo in Italia, e precisamente in Sicilia, con l'ultima delle nostre leggende.
A Catania esiste uno scoglio, detto "degli eterni amanti", la cui forma ricorda quella di due profili intenti a baciarsi, e che è legato a questa favola:
Secoli fa vissero due giovani, Tano e Rosa, il cui amore era ostacolato dal padre della fanciulla. Lei era ricca e bellissima, proprio come una rosa, lui invece era povero e disgraziato.
La ragazza era promessa ad un ricco notabile catanese. Per questo il padre le provò tutte per impedire che i due innamorati si frequentassero, arrivando persino, vista l’insistenza e la caparbietà del giovane a non rinunciare alla fanciulla, a promettergli la mano della figlia se nell’arco di cinque anni fosse riuscito ad arricchirsi.
Tano partì dunque per cercare fortuna. Riuscì effettivamente a diventare ricco e allo scadere dei cinque anni tornò a Catania. Ma lo aspettava un'amara scoperta: Rosa, nel frattempo, era stata data in moglie al suo ricco pretendente.
Disperato, il giovane chiese alla donna un solo ultimo bacio, che gli fu concesso, dopodiché morì di dolore.
Al funerale del giovane, il giorno dopo, in chiesa si presentò una donna coperta da un pesante velo nero. Ella si avvicinò alla bara, alzò il velo e lo bacio a lungo sulle labbra. Poi morì.
Qualche giorno dopo una colata lavica dell’Etna, quasi per miracolo, scolpì tra gli scogli l’ultimo bacio dei due giovani, per ricordare al mondo il loro eterno amore.