La vergogna fa parte delle cosiddette emozioni secondarie: a differenza della rabbia, della paura, della tristezza e della gioia è un’emozione che si apprende e si sviluppa con la crescita. La vergogna è direttamente collegata al senso di impotenza e inadeguatezza: la proviamo quando riteniamo di non aver corrisposto le aspettative sociali che gravano su di noi (o quelle che noi stessi ci imponiamo).
La parola vergogna deriva dal latino verecundia, che richiama a un senso di timore e rispetto. Proviamo vergogna quando la nostra autostima vacilla e percepiamo di aver fallito un compito importante. Ad esempio si può provare vergogna per una verifica scolastica andata male, per un fallimento lavorativo, ma anche per un’azione goffa compiuta in società. Si può provare vergogna per aver fatto torto a qualcuno, ovviamente, o per aver agito in contrasto con i propri valori. Tutte queste cose richiamano al senso di un’autorità superiore, che sia reale o morale.
Le radici della vergogna sono profonde, perché affondano in un bisogno atavico come quello di appartenenza. Vergognandoci sentiamo di non essere degni di essere accolti dai nostri pari. A livello sociale la vergogna è un meccanismo di regolazione del comportamento, che consente di correggere le condotte inadeguate. Le persone che soffrono di disturbi antisociali tendono a comportarsi male senza provare vergogna e per questo sono messe ai margini della società.
La vergogna si manifesta in diversi modi:
Spesso la vergogna è accompagnata da una forte tendenza autocritica e dal senso di colpa, dal quale a volte è indistinguibile. In realtà una differenza tra vergogna e senso di colpa c’è e riguarda il focus dell’emozione: chi si vergogna si sente sbagliato, mentre chi prova il senso di colpa si pente di un comportamento specifico. Il senso di colpa è un sentimento più “leggero” della vergogna, che può portare la persona a dubitare completamente di se stessa.
Come affrontare la vergogna pervasiva? Ecco alcuni consigli:
Il primo passo per affrontare la vergogna è imparare a riconoscerla. Spesso si presenta sotto forma di pensieri come "non sono abbastanza bravo", "non merito di essere amato", "se gli altri sapessero chi sono davvero, mi rifiuterebbero". Essere consapevoli di quando e come si presenta la vergogna nella propria vita è fondamentale per iniziare a gestirla.
Molti di noi sono abituati ad affrontare i propri errori con durezza. Ma affrontare la vergogna richiede l’opposto: gentilezza verso se stessi. L’autocompassione non significa giustificare ogni comportamento, ma accettare l’imperfezione come parte della condizione umana. Frasi come "sto facendo del mio meglio" o "non sono solo in questo" possono aiutare a spezzare il ciclo dell’autocritica.
La vergogna cresce nel silenzio. Condividerla con una persona fidata può essere liberatorio. Trovare qualcuno che sappia ascoltare senza giudicare permette di riportare la vergogna alla realtà, smascherandone il potere. Quando ci sentiamo visti e accettati nonostante le nostre vulnerabilità, iniziamo a guarire.
Spesso proviamo vergogna perché ci confrontiamo con standard impossibili: essere perfetti, sempre forti, sempre adeguati. Riconoscere che queste aspettative non sono realistiche (né umane) aiuta a ridimensionare il senso di inadeguatezza. Imparare ad accettare la propria autenticità, con i propri limiti, è un atto di coraggio.
La vergogna ci spinge a nasconderci, ma la connessione è l'antidoto. Creare relazioni basate sulla sincerità, dove ci si sente al sicuro nell’essere se stessi, aiuta a rafforzare il senso di valore personale. Le relazioni autentiche ci ricordano che siamo degni di amore anche quando non siamo perfetti.