Uno stereotipo molto radicato vuole le donne più “chiacchierone” degli uomini. Si tende a pensare, infatti, che il genere femminile sia più propenso alla loquacità, mentre quello maschile tenda più a mantenere il silenzio. Ma tutto questo è vero?
Gli studi sulla propensione a parlare delle donne e degli uomini sono stati diversi nel tempo. Una ricerca del 2007 aveva stabilito che tracciare una differenza di genere nella loquacità non avesse senso. Successivamente, un altro lavoro ha smentito il primo, affermando che effettivamente le donne parlassero di più. In virtù di questi risultati contraddittori è stato da poco finanziato un nuovo studio, i cui risultati sembrano conciliare, in qualche modo, le due opposte visioni.
La nuova ricerca dell’Università dell’Arizona ha preso in esame 2.197 individui, tra i 25 e i 94 anni. A ciascuno dei partecipanti è stato consegnato un apparecchio indossabile che teneva traccia delle parole pronunciate durante la giornata. In questo modo gli studiosi hanno potuto elaborare una media del numero di parole dette ogni giorno dalle donne e dagli uomini.
È emerso che effettivamente le donne parlano di più: la media infatti è di 21845 parole pronunciate ogni giorno, contro le sole 18570 degli uomini. Ma c’è un punto fondamentale: questa differenza è avvertibile solo in una specifica fascia d’età. Sono solo le donne tra i 25 e i 64 anni, infatti, a parlare più degli uomini. Con l’avanzare dell’età, la propensione al dialogo si mostra simile tra i due sessi.
Come mai questo risultato? Gli studiosi sono convinti che a essere determinante sia il fattore culturale. La principale teoria vuole che le donne tra i 25 e i 64 anni parlino di più perché in questa fascia d’età si dedicano alla cura dei figli e della famiglia. Ecco allora che il dialogo serve a tracciare ponti, a dedicarsi pienamente, ad assolvere le incombenze quotidiane.
Gli studiosi dell’Arizona sono convinti che i loro risultati non dipendano da variabili come l’intercambio generazionale, perché non hanno osservato picchi particolari suddividendo la ricerca in fasce d’età più ristrette. Le loro conclusioni sono quindi fortemente motivate, perché la propensione a parlare si mostra come un dato intergenerazionale.
È ovvio che a fare veramente la differenza sia comunque la componente individuale. Ciascuno di noi, infatti, può essere più taciturno o più loquace in base al proprio carattere, alla propria storia, alla propria condizione in fatto di amicizie e rapporti. Il fatto che le donne in media parlino di più non deve distoglierci dal pensare che ciascuno di noi è diverso.
Il meno “chiacchierone” tra i partecipanti, con solo 100 parole al giorno, era un uomo. Ma il più loquace, con ben 120000 parole al giorno (ai limiti della logorrea, diremmo) era anch’esso un uomo.
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