Richard J. Davidson è un neuroscienziato americano, professore presso l’università del Wisconsin, che ha dedicato la sua vita allo studio della mente dei maestri buddisti. Amico del Dalai Lama, lo scienziato è sempre stato affascinato dalla pace interiore emanata da chi pratica questa filosofia orientale.
La branca di studi di Davidson è la cosiddetta neuroscienza contemplativa, che studia l’impatto della meditazione sul cervello. Dopo anni di ricerche, lo scienziato è arrivato a definire 4 principali qualità che sono indispensabili per il raggiungimento del vero benessere, lo stesso che provano i monaci buddisti.
Secondo Davidson, infatti, il benessere non si raggiunge solo con la fortuna o le buone scelte di vita, ma soprattutto con una pratica costante, una crescita personale continua che permette di raggiungere la pace. Le 4 qualità di cui parla nei suoi interventi e nei suoi scritti sono abilità che si possono allenare e che possono permettere a tutti di migliorare la loro condizione.
Ecco quali sono le 4 qualità fondamentali:
Non possiamo evitare che qualcosa nella nostra vita vada storto, dai semplici contrattempi alle ferite più dolorose. La resilienza è l’abilità che ci permette di far fronte alle avversità, uscendone rinforzati più che indeboliti. Mentre le persone “comuni” possono accusare i colpi in maniera molto forte, trovandosi schiacciate, le persone resilienti si riprendono più in fretta e sono in grado di reagire. È chiaro che i resilienti conducono una vita caratterizzata da un maggiore benessere rispetto a quella degli altri. Davidson relaziona la resilienza con il “non attaccamento” buddista, intendendo che chi sa praticare un sano distacco è in grado di adattarsi meglio al fluire delle cose. Fortunatamente la resilienza è un’abilità che si può allenare: da un punto di vista strettamente neuroscientifico, Davidson ha scoperto che i circuiti neurali connessi a questa caratteristica possono essere modificati dalla mindfulness. Ovviamente servono molte ore di pratica per arrivare a questo cambiamento, ma ciò è possibile.
La visione positiva è essenziale per il benessere perché induce a guardare la vita con fiducia e quindi ad agire. Questa abilità è correlata a un’attivazione di circuiti cerebrali specifici, che si “accendono” persino nella mente delle persone depresse. Il problema è che per i depressi questa attivazione è debole e fugace, mentre le persone che stanno bene la provano con più intensità e più a lungo. Anche la prospettiva positiva, secondo Davidson, si può allenare con la meditazione. Per dimostrare la sua teoria, egli ha realizzato un esperimento in cui ha confrontato due gruppi di volontari. Il primo gruppo era invitato a praticare la meditazione compassionevole per due settimane, mentre il secondo gruppo è stato sottoposto a un allenamento di ristrutturazione cognitiva. Dopo soli 15 giorni si è visto che il gruppo di meditazione aveva alzato significativamente la propria prospettiva positiva, con un rafforzamento dei circuiti cerebrali connessi. Sono state sufficienti solo 7,5 ore di pratica nell’arco di due settimane, molto di meno di quanto occorre per lo sviluppo della resilienza.
Secondo i ricercatori dell’università di Harvard, le persone trascorrono il 47% della loro vita a non prestare attenzione a ciò che fanno, ma lasciano vagare la mente. Questa divagazione è associata, il più delle volte, a uno stato di infelicità. Il centro delle pratiche meditative consiste nel combattere la fuga dell’attenzione, riportando delicatamente la mente a uno stato di ancoraggio al presente. I maestri buddisti insegnano da millenni l’abilità (non scontata) di stare pienamente dentro alle cose che si fanno, senza spingersi lontano con il pensiero.
Abbiamo spesso sentito dire che fare del bene aiuta più il donatore che il ricevente, e da un punto di vista neuropsicologico è proprio così. I ricercatori dell’università di Lubecca hanno condotto un interessante studio sulla generosità, confrontando persone che nelle ultime settimane avevano speso soldi per se stesse o per gli altri. Chi aveva fatto regali o donato denaro mostrava un’attivazione maggiore dello striato ventrale del cervello, associato a benessere e felicità. Davidson ha convalidato questa teoria, affermando che le azioni generose funzionano come un boomerang, restituendo in cambio un senso di soddisfazione intenso.
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