L’antenato del gelato nacque in Cina ed era un composto preparato con riso molto cotto, spezie e latte; il tutto veniva poi messo nella neve, affinché si solidificasse.
Successivamente nacquero anche dolci a base di succhi di frutta ghiacciati, con o senza latte che si potevano acquistare, per le vie di Pechino, venduti su carrettini.
Nel ’300 latte e frutta ghiacciati apparvero anche in Italia, importati da Marco Polo. In realtà, il gelato è, in gran parte, debitore del genio culinario italico: nel 1686 Francesco Procopio dei Coltelli aprì, a Parigi, la prima gelateria.
Nel 1903 il gelataio Italo Marchioni ideò le prime cialde a cono; e tra il 1939 e il 1948, le aziende Pepino e Motta lanciarono rispettivamente il "Pinguino" e il "Mottarello", capostipiti dei gelati confezionati.
I gelati come li conosciamo oggi, realizzati con latte, panna, uova e zucchero, refrigerati e lavorati fino a ottenere una consistenza cremosa, sono diversi dai loro "progenitori". Questi consistevano, come abbiamo visto, in bevande o frutta, addolciti talvolta con il miele, mescolati a neve o ghiaccio e conservati in apposite "neviere". Di queste preparazioni si ha traccia in numerose civiltà antiche, dalla Mesopotamia alla Cina, fino ad arrivare all'antico Egitto e a Roma.
Nel corso del Medioevo, a fare ampio uso di alimenti ghiacciati furono gli arabi, a cui si deve tra l'altro la parola “sorbetto”, derivata da sharbat, che indicava una sostanza fredda e sciropposa a base di zucchero di canna, petali di fiori e frutti. Le usanze arabe si diffusero quindi in Sicilia, e da qui i primordiali sorbetti sbarcarono nel resto della Penisola, trovando estimatori soprattutto in epoca rinascimentale.
Quando nel 1533 Caterina de’ Medici sposò il futuro re Enrico II di Francia, diffuse oltralpe un dessert semifreddo a base di crema dolce che assomigliava molto al gelato attuale. Fino ad allora il gelato era cibo da ricchi, per la difficoltà di conservare il ghiaccio d’estate. Ma verso il 1560 un medico spagnolo che viveva a Roma, Blasius Villafranca, scoprì che, aggiungendo salnitro alla neve e al ghiaccio, si poteva congelare molto più rapidamente qualsiasi cosa: la scoperta diede grande impulso alla produzione di gelato.
Nel XIX secolo il gelato si diffuse anche in Inghilterra e in America, grazie agli emigranti italiani che lo vendevano per strada. Il venditore di gelati veniva chiamato “hokey-pokey”, traslitterazione dell’italiano “Ecco un poco”.
Dal Seicento, la pratica di consumare gelato si divulgò in svariate corti europee, e ben presto agli ingredienti base si aggiunsero latte, panna e uova. Su chi abbia affinato la ricetta non vi è certezza, ma in molti indicano quale "padre" del gelato Francesco Procopio dei Coltelli (1651-1727). Siciliano doc, partì per cercare fortuna a Parigi, dove nel 1686 aprì i battenti del Café Procope, locale frequentato da illustri personaggi in cui si potevano assaporare granite, sorbetti e gelati, realizzati grazie a una serie di macchinari messi a punto dallo stesso Procopio.
Ormai sempre più internazionale, il gelato continuò a conservare un'anima italiana, tanto che fu un altro nostro nostro compatriota, emigrato negli Stati Uniti, a ideare il primo cono fatto di cialda, ideale per il passeggio. Si trattava di Italo Marchioni, gelataio veneto che ebbe la geniale intuizione, nel 1896, progettando poi le macchine industriali per produrre coni in serie e brevettando il tutto nel 1903. Sempre dagli Usa arrivò l'idea di inserire il prodotto tra due wafer, come un sandwich.
Dopodiché, grazie alle evoluzioni nei sistemi di congelamento - a cui si deve tra l'altro la nascita dei celebri ice cream trucks (furgoncini-chiosco) popolarissimi nel mondo anglosassone -, la produzione di gelati divenne sempre più capillare, coinvolgendo un numero crescente di consumatori attratti anche da costi più bassi rispetto al passato, quando il gelato era considerato una specie di "lusso".
Il boom dell'ice cream si legò inoltre alla commercializzazione dei confezionati da passeggio, iniziata negli anni Quaranta in Italia con il lancio dei gelati su stecco Pinguino e Mottarello – antenati del Cremino – e corroborata nel decennio seguente dall'avvento del Cornetto e di altri gelati a cono, nonché di una serie di coppette tra cui l'intramontabile Coppa del nonno.
La crescente diffusione dei freezer domestici portò poi al successo, in tutto il mondo, del gelato in secchielli "formato famiglia". E oggi i gelati sono ormai un consumo di massa: ogni anno in Italia ne mangiamo in media 8 kg a testa. Un successo alimentato dalla riscoperta di antiche varianti artigianali e di preparazioni che strizzano sempre più l'occhio alla salute (grazie a ricette light e a cialde senza glutine). Il tutto, accompagnato dalla continua sperimentazione di sapori alternativi a quelli tradizionali: dal parmigiano al pomodoro, passando per rosmarino, birra e fagioli.
Il gelato, alla fine, è diventato un concept, un’idea, una rivisitazione, un progetto gourmet. Insomma, roba per masterchef, per gelatai a ‘Tre coni’.
Gli analisti di settore la definiscono una «referenza anti ciclica», che si consuma tutto l’anno, sebbene il top dei consumi sia naturalmente legato ai mesi estivi. La produzione di gelati industriali nel nostro Paese ha raggiunto nel 2017 le 213.125 tonnellate (dati Istituto del Gelato Italiano) per un valore complessivo di oltre 2 miliardi di euro. La Camera di commercio di Milano ha provato a censire anche le gelaterie artigianali, 19mila imprese attive nella produzione e nella vendita di coni e coppette. Un business che vale ogni anno circa un miliardo e mezzo di euro, e che dà lavoro a 75mila persone in tutto il Paese. Tra le città, la regina del gelato è Roma, in testa alle classifiche per numero di attività (1.409) e di addetti (4.286). In seconda posizione ci sono Napoli, per numero di imprese (898), e Torino, per gli addetti (3.087). Tra le prime dieci città con più gelaterie rientrano anche Milano e Torino (oltre 700), seguite da Salerno e Bari (più di 400). Ma il nostro gelato piace anche all’estero. In linea con i buoni risultati complessivi del comparto dolciario, l’export del settore dei gelati ha fatto registrare un ottimo trend a volume e a valore (+7,5%) con un fatturato 2018 sui mercati esteri di 247,5 milioni di euro. I più golosi del gelato made in Italy sono i tedeschi, gli inglesi e i francesi.
Nel decennio 2007-2017 (dati Nomisma Agrifood Monitor) l’export è salito da 185 a 230 milioni di euro, con un saldo positivo di 121 milioni nel 2017. E nei primi nove mesi del 2018 l’export di gelati ha confermato il trend positivo sia in valore (+7,1%) che in quantità (+5,5%).