Il secolo scorso, il Novecento, sarà ricordato come il secolo che ha visto, nella maggior parte dei paesi occidentali, un significativo aumento dell’intelligenza, noto come effetto Flynn, dal nome del professore neozelandese che per decenni si è occupato di studiare il fenomeno dell’aumento nel tempo di punteggi del Q.I. in tutto il mondo. Dai dati è emerso che l’effetto Flynn ha raggiunto il suo apice a metà dei Settanta, per poi diminuire drasticamente.
Mentre l’effetto Flynn si starebbe verificando nei paesi in via di sviluppo, dagli anni Novanta, soprattutto nei paesi nordeuropei, pare si stia verificando un declino dell’intelligenza, piuttosto sensibile. Eppure, nella percezione comune, l’intelligenza è considerata un tratto molto apprezzabile, alla pari dell’estetica o più dell’estetica. Perché, allora, questo fenomeno? Per quale motivo, poi, diventiamo ancora più stupidi quando siamo in gruppo?
Per psicologi e sociologi quando siamo in gruppo, nella nostra psiche si attiva una spinta spontanea verso l'empatia e l'adattamento al comportamento altrui. Questo meccanismo ha l'obiettivo di tenere unite le persone che fanno parte del gruppo e il motivo per cui accade è di origine evolutiva: da sempre l'uomo avverte il bisogno di appartenenza, perché da sempre deve collaborare per sopravvivere.
Il principale risultato di queste spinte psicologiche è il conformismo, cioè la tendenza ad agire e pensare come si ritiene faccia piacere agli altri. Il conformismo permette ai singoli di essere accettati più facilmente e determina il reciproco riconoscimento fra i membri di un gruppo: se l'altro agisce e pensa come noi, abbiamo la sensazione di fare parte della stessa famiglia. Basterebbe questo a spiegare perché a volte in compagnia si è disposti a fare cose avventate o stupide, purché siano condivise dal gruppo.
Un secondo fenomeno psicologico che deriva dal bisogno di appartenenza è quello chiamato di deindividuazione (o deindividualizzazione), che può essere più pericoloso perché provoca una riduzione della coscienza da parte dei singoli fino ad arrivare alla sospensione dei valori morali personali: è causato, infatti, anche dall'illusione di essere invisibili perché completamente assorbiti e protetti dal gruppo.
La deindividuazione è associata a comportamenti violenti, come quelli che si verificano nei tumulti di piazza o negli stadi. Nei casi più estremi, questo meccanismo è accompagnato dall'affermarsi di codici e valori che formano l'identità del gruppo, ma annientano quella degli individui: come raccontano alcuni episodi di cronaca, può succedere nel branco di adolescenti violenti o in seno a sette aggregate attorno a una persona.
Il gruppo, quindi, è più incline a commettere idiozie: in esso, infatti, diminuisce la capacità critica e aumenta il contagio emotivo, ci si lascia trasportare dal pensiero comune, entra in scena anche l’atavica necessità di conformarsi agli altri. Qualcuno la definisce "stupidità funzionale" e fa tanto comodo alla politica e al marketing.
Secondo Gerald Crabtee, studioso alla Stanford University, le cause di questo declino dell’intelligenza sono da ricercare nel fatto che per sopravvivere non abbiamo più bisogno dell’intelligenza, com’era invece per i nostri antenati. "Sono pronto a scommettere" ha scritto, "che se un cittadino medio di Atene del 1000 avanti Cristo comparisse tra noi, verrebbe considerato la mente più brillante e vivace tra i nostri amici e colleghi. Saremmo sorpresi dalla sua memoria, dalla portata delle sue idee, dalla sua visione chiara su tutte le questioni importanti. Sarebbe anche, probabilmente, la persona più equilibrata tra i nostri conoscenti".
Altri studiosi ritengono che le cause siano imputabili alla tecnologia, allo stile di vita, alla scarsa lettura, all’ignoranza, oggi che ci accorgiamo dell’analfabetismo funzionale. Certamente non può essere dovuto al fatto che le persone intelligenti procreano di meno; l’intelligenza non è nella genetica, altrimenti i discendenti di Leonardo da Vinci ad esempio, avrebbero continuato a fare scoperte per secoli.
L’intelligenza si alimenta da sempre delle stesse cose: conoscenza, curiosità, cultura, condivisione. Sono le uniche armi che abbiamo per combattere l’ignoranza e la conseguente stupidità.
Se l’evoluzione ci vuole più stupidi, per qualcuno un motivo ci sarà. C’è chi sostiene che la stupidità faccia compiere gesti avventati, coraggiosi, e sia quindi un elemento che porta a suo modo a crescere. Se così fosse, ci sarebbe un senso, staremmo progredendo vertiginosamente.