Con l'intervento sempre più capillare di scienziate femministe e pro LGBT, negli ultimi anni la neurologia e la psicologia sono state invitate a rivedere, punto per punto, quelle che sembravano opinioni condivise su un argomento annoso: la differenza psicologica, intellettuale e neurologica, tra uomini e donne.
Gli scienziati si sono dati da fare per verificare se, ad esempio, la scarsità di donne leader nelle aziende o delle laureate in matematica sia dovuta a fattori più culturali o più psicologici.
Questo tipo di ricerche è molto importante, perché serve a verificare che non ci siano grosse discriminazioni in atto nel mondo del lavoro o dell'istruzione.
Le scienziate femministe e LGBT friendly hanno spinto a lungo, e continuano a spingere, per una definizione di essere umano neutra e androgina: puntano cioè a dimostrare la sostanziale uguaglianza tra maschi e femmine.
Al momento questa teoria appare un po' viziata ideologicamente e non corretta: differenze innate (quindi non dovute all'educazione) tra uomini e donne esistono eccome. Anche se, tutto sommato, non sono così abissali e si riducono più a una propensione che a una fattualità.
La psicologia empirica, occupandosi delle differenze tra donna e uomo, rifugge dal ricercare una “essenza” del femminile e una del maschile. Con questo, si allontana dalle idee di Jung e di Freud, che mettevano molta enfasi nel ricercare una pretesa "anima femminile" universale.
Dopo di loro, il dibattito è stato a lungo impegnato dai sociologisti (maggioritari) che ritenevano che la differenza tra i generi fosse dovuta principalmente all'educazione, e dai biologisti (minoritari) che imputavano quasi tutte le differenze di genere al ruolo degli ormoni.
Oggi, entrambe queste visioni sono superate, o meglio: vanno unite, prendendo il meglio da ognuna e valutando i casi con un occhio più attento e specifico.
Negli anni '70 e '80 sono stati fatti molti test sulle abilità cognitive dei due generi, trovando che la differenza tra i tratti maschili e femminili era abbastanza marcata. Queste ricerche, però, sono state poi invalidate: si contestava prima di tutto la scelta a-priori di quali caratteristiche fossero "da uomo" e quali "da donna", e poi non si teneva conto del tipo di educazione che i partecipanti avevano ricevuto (e che li condizionava).
Ma quali sono, ad oggi, le differenze "vere" e innate riconosciute a uomini e donne?
Per le donne si attesta la superiorità, in media, nelle abilita` linguistico-verbali e nella comunicazione non-verbale ed emotiva; per gli uomini la superiorità in compiti visuo-spaziali, come l’orientamento e la rotazione mentale di oggetti.
Ancora: nelle donne maggiore attitudine all’immedesimazione empatica e alla relazione affettiva e una migliore capacità di muovere le mani per compiti minuti e precisi; negli uomini la maggior propensione all'intraprendenza e all'aggressività fisica, oltre a maggiori abilita` motorie nel colpire oggetti.
Alcune di queste differenze, specificano gli scienziati, sono piu` evidenti nei giovani e vanno a perdersi con l'età.
La spiegazione di queste differenze è da ricercarsi, darwinianamente, nel nostro passato evolutivo: le donne hanno sviluppato quelle capacità che più servivano per curare i bambini (precisione e delicatezza nelle mani) e per comunicare con loro, mentre gli uomini hanno sviluppato le abilità utili alla caccia e alla guerra (abilità spaziale, ecc.).
Una spiegazione è anche negli ormoni, perché la presenza di testosterone nell'uomo contrassegna una maggiore propensione all'aggressività, necessaria per difendersi e lottare se necessario.
Alcuni scienziati, nel discutere la differenza innata tra uomini e donne, sostengono che sia determinante il ruolo degli ormoni che si attivano già durante la gravidanza, quando il bambino è ancora un feto e il suo sesso inizia a prendere forma.
Per farlo, citano una curiosa storia avvenuta negli anni '70: il "caso John-Joan".
In quegli anni un bambino perse il proprio pene in seguito ad un intervento di circoncisione mal eseguito; i genitori, consigliati da un luminare dell’epoca, decisero di castrarlo e di fargli assumere ormoni femminili, perché diventasse "una bambina" e potesse essere cresciuto come tale.
Questo caso è stato a lungo citato dai partigiani della teoria sociologista, perché una persona nata maschio era stata efficacemente allevata come una femmina. In realtà, il ragazzo (ormai cresciuto) venne intervistato anni dopo e si scoprì che nella sua infanzia, comunque, esibiva stili di gioco propri del genere maschile, rigettando attività “femminili” e mostrando molto più interesse negli oggetti piuttosto che nelle cose. Valga quel che valga, alcune attitudini del cervello maschile continuava a possederle.
In conclusione: oggi le differenze di genere sono state profondamente rivalutate, per scoprire che le differenze si riducono a ben poca cosa; si è anche riconosciuto (come è ovvio) che ogni individuo è unico e che uomini empatici e donne con attitudini visuo-spaziali ne esistono a bizzeffe.
Le differenze biologiche e neurologiche confermate, anche se sono poche, aprono comunque un possibile bel dibattito sull'accettazione delle differenze nella nostra società. Mentre l'obiettivo generalizzato sembra livellare qualsiasi cosa, in modo da includere "l'altro", forse sarebbe meglio impostare la società del futuro su una vera e profonda valorizzazione della diversità.
Parità, quindi, non uguaglianza.