Per combattenti cronici si intende una forma di organizzazione di coppia che riguarda partner i quali non riescono a fare a meno del conflitto per mantenere la relazione di coppia, anzi, il conflitto è il loro modo principale di entrare in relazione, pertanto la collaborazione è sostituita completamente dalla competizione e dall’agonismo.
I membri della coppia, pur nella guerra e nella sofferenza, ed anzi paradossalmente proprio per la guerra e la sofferenza, non possono fare a meno l’uno dell’altro: tanto che se uno dei due rompe il rapporto, l’altro invece di sentirsi liberato da un peso, si percepisce inutile e vuoto, sente che ora non saprebbe più con chi combattere e si deprime, fino a fare della persecuzione del partner che si è allontanato l’unica ragione di vita: la cronaca ci riporta, purtroppo, anche casi di coppie estremamente litigiose in cui si arriva all’epilogo che uno uccide l’altro e poi si toglie la vita.
La prima regola del gioco è quella del rifiuto, visto come opposizione a farsi aiutare e accudire e, ovviamente, rifiuto alle richieste del partner. La seconda è di respingere ogni tentativo di avvicinamento, fino allo scattare del meccanismo autoregolativo, che avverte la coppia che continuare nell’escalation potrebbe portare alla rottura della relazione; in alcune coppie, tuttavia, questo meccanismo protettivo è troppo debole e si corre il rischio di arrivare al danno personale.
I ruoli sono del tutto simmetrici, non ci sono né vittime né carnefici, l’area dello scambio è molto sviluppata anche se un vero scambio è precluso dall’impossibilità a raggiungere un accordo; le finalità comunicative, infatti, sono mirate a mettere in luce gli sbagli e i limiti del partner e a rifiutare e svalutare i suoi bisogni e le sue richieste, e non a una ricerca di accordo e comprensione delle posizioni altrui. Insomma, è una guerra in cui ciascuno tenta di imporre la sua definizione della relazione squalificando quella dell’altro.
La modalità comunicativa di queste coppie è detta dell’escalation simmetrica: ossia una modalità simile al gioco d’azzardo, in cui alla mossa di uno segue il rilancio da parte dell’altro di una posta più elevata, e così via. O per fare un altro esempio: durante un litigio, se uno dei due partner strilla, l’altro deve alzare la voce di più, ed allora il primo strillerà ancora di più e così via finché le parole non basteranno a sancire un vincitore ed allora i partner passeranno alla lotta fisica e così via fino a che nei partner scatta un inconscio meccanismo di autoregolazione che avverte entrambi del pericolo (per la tenuta della relazione o per l’incolumità fisica vera e propria) di andare oltre con le tensioni. Essi decidono di interrompere per breve tempo la guerra e lo fanno in un modo tipico: solitamente, infatti, queste coppie si caratterizzano per avere dei cicli di interazione ripetitivi e prevedibili in cui un lungo periodo di scontri feroci sfocia, per esempio, in un appassionato incontro sessuale che ha un effetto pacificatorio e rassicurante, ma di breve durata perché “l’ascia di guerra” non può essere sepolta per molto. Allora ecco che dopo poco riprende la “guerra”, che poi sfocia nell’incontro sessuale (o in un qualunque altro rituale pacificatorio tipico di quella coppia) e così via in una ruota sempre uguale e senza fine.
Di solito, le persone che hanno questo tipo di relazioni sono state abituate fin dall’infanzia a gestire nei legami familiari una quota elevata di aggressività in un’atmosfera di estrema competizione per il soddisfacimento dei propri bisogni. Per questi partner è estremamente difficile ammettere di aver bisogno di vicinanza, aiuto ed accudimento. La loro vita è molto tormentata e gli eventuali figli risentono dell’atmosfera di elevata aggressività che si respira in famiglia e spesso agiscono tali tensioni nei contesti extrafamiliari o somatizzano l’ansia e lo stress a cui sono sottoposti.
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