Olimpiadi e altruismo: storie di fair play
Contro la retorica della vittoria a tutti i costi, ecco delle belle storie di sana sportività che ci inducono a riflettere sul valore del gioco leale e dell rispetto
Non tutti sanno che oltre alle tanto ambite medaglie d'oro e d'argento, il comitato olimpico rilascia dal 1964 un altro riconoscimento altrettanto prestigioso, la medaglia che premia il fair play, la sportività e l'altruismo di un atleta che si è distinto per questo. La medaglia, intitolata a Pierre de Coubertin, serve a ricordare che nello sport non conta soltanto il risultato, ma anche e soprattutto l'atteggiamento altruistico e solidale: lo stesso che ha ispirato le prime olimpiadi, nate nell'antica Grecia, come manifestazione di pace e di unità tra città-stato in perenne conflitto tra loro.
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Ancor oggi le nazioni più potenti del mondo, come USA e Cina, ingaggiano battaglie politiche a suon di medaglie (ereditando la lezione del nazismo prima e della guerra fredda poi) ma quelli di cui parleremo oggi saranno esempi di tutt'altro tipo: esempi di atteggiamento pacifico e solidale.
- Luz Long (1936): questo saltatore in lungo tedesco vinse nel 2000, postuma, la medaglia de Coubertin per aver aiutato con incoraggiamenti e consigli il collega afroamericano Jesse Owens durante le olimpiadi di Berlino, in pieno regime nazista. Owens arrivò primo nel salto e Long secondo.
- Eugenio Monti (1964): questo atleta italiano gareggiava nel bob ai giochi invernali di Inssbruck, dove vinse la medaglia di bronzo. La medaglia d'oro fu vinta invece dai britannici Tony Nash e Robin Dixon. Il loro bob si danneggiò prima della gara ma Monti fornì loro un bullone per ripararlo. In questo modo perse un possibile primo posto sul podio ma guadagnò un posto ben più importante nella storia del fair play.
- Laurence Lemieux (1988): durante i Giochi di Seul, questo velista canadese interruppe la gara per soccorrere gli avversari singaporiani la cui imbarcazione si era rovesciata, lasciandoli feriti. Lemieux li accolse sulla propria barca fino all'arrivo dei soccorsi. Perse la competizione ma guadagnò il plauso del mondo.
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- Michael Phelps (2004): il campionissimo che ad Atene fece il pieno di ori, conquistandone ben sei, scelse di ritirarsi dalla staffetta 4x100 mista in modo da permettere ad un altro compagno di squadra, inizialmente non selezionato per la gara, di ottenere la medaglia.
- Dara Torres (2008): la nuotatrice fece fermare e ritardare l'avvio della gara dei 50 metri stile libero per dare ad un'avversaria il tempo di cambiarsi: si era resa conto che parte del suo costume era rotta e questo avrebbe potuto rappresentare un handicap per la sua performance.
- Daniel Gyurta (2012): il nuotatore ungherese vinse la medaglia nel nuoto a rana alle olimpiadi di Londra. Fu favorito, indirettamente, dall'assenza del campione in carica in quella disciplina, il norvegese Dale-Oen, che era morto qualche mese prima. Riconoscendo che se il collega fosse stato presente avrebbe probabilmente vinto, Gyurta fece coniare a sue spese una replica della medaglia d'oro olimpica e la consegnò alla famiglia del defunto.
- Nikki Hamblin e Abbey D’Agostino (2016): bel gesto per le due runner alle olimpiadi di Rio: caddero l'una sull'altra e si ferirono ma si spronarono a vicenda ad arrivare fino in fondo, continuando a correre fianco a fianco, nonostante la medaglia fosse ormai persa per entrambe.
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Queste ed altre storie di fair play ci riempiono il cuore e ci ricordano che senza leale competizione non c'è vera vittoria.
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