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    L'effetto Benjamin Franklin: come piacere ai propri nemici
    Come piacere a chi ci è ostile? La tecnica psicologica che descriveremo oggi è sorprendente, ma efficace.

    Chi di noi non si trova, più o meno spesso, ad avere a che fare con persone ostili? Che si tratti di colleghi di lavoro, di amici-nemici o di parenti più o meno stretti, quando siamo costretti a interagire con loro ci sentiamo a disagio: non vorremmo altro che poter smorzare la carica negativa altrui e trasformarla in vero favore, vera amicizia. Purtroppo, questo appare molto difficile: cercare di guadagnare i favori di chi ci è ostile con parole gentili o dimostrazioni di sottomissione potrebbe non bastare, anzi, potrebbe risultare controproducente. 

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    Una possibile azione risolutiva (anche se parziale) risiede nel cosiddetto effetto Benjamin Franklin. Di che si tratta? 

    Benjamin Franklin (1706-1790) fu uno dei padri fondatori degli Stati Uniti d'America, una personalità politica di spicco con molti sostenitori e, ovviamente, altrettanti nemici. Si narra in particolare che un componente dell'Assemblea Legislativa statunitense gli fosse particolarmente ostile: criticava pubblicamente ogni sua parola o decisione. Franklin decise di affrontare il nemico in un modo del tutto controintuitivo e spiazzante: anziché affrontarlo a muso duro decise di chiedergli un favore. Sembra che questo politico fosse particolarmente colto e così Franklin pensò di domandargli un libro in prestito. Il nemico fu spiazzato e lusingato, e non solo gli prestò il volume ma smise di fare opposizione all'avversario, divenendogli amico. 

    Da questo episodio avvenuto più di trecento anni fa prende nome l'effetto Franklin, convalidato poi dagli psicologi. Infatti, anche se ai tempi la psicologia non era stata ancora inventata, il nostro politico aveva utilizzato una raffinata tecnica detta "dissonanza cognoscitiva". 

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    Dal momento che, senza aver fatto alcun torto a un nostro oppositore, gli chiediamo un favore in grado di stuzzicare il suo ego facendolo sentire potente, in qualche modo lo obblighiamo ad esaudirci. Ma poiché ognuno ha bisogno di credere che le proprie azioni siano coerenti, ecco che il "nemico che fa il favore" giustificherà il suo atto di gentilezza dicendo a se stesso che, in fondo, non gli stiamo proprio così antipatici. Anzi, forse gli piaciamo pure. 

    Un'altra tecnica, valida nei casi più difficili, è invece suggerita non dalla storia personale, ma dagli scritti di Franklin. Egli scrisse: "Presta dei soldi al tuo nemico e lo conquisterai, prestali a un amico e lo perderai". Concentriamoci sulla prima parte della massima. Prestare dei soldi o fare un favore a un nemico è un atto decisamente innaturale, spiazzante, e non solo per noi ma anche per il destinatario delle nostre gentilezze. Anche in questo caso è possibile che si attivino, in chi ci è ostile, dei meccanismi psicologici che tentano di giustificare quanto è accaduto e cambiare opinione sulla nostra persona. 

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    L'effetto Franklin sembra dimostrare, insomma, che "la gentilezza paga" sia quando è richiesta che quando è data. Potreste provare a utilizzare questa tecnica, estremamente raffinata dal punto di vista psicologico ma anche semplicissima da attuare, per trasformare i nemici in amici, o quantomeno per ridurre la loro carica aggressiva nei vostri confronti. Tentare non nuoce!

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     Commenti (4)
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    1. marmoric1, Massa (Toscana)
      La vita è una sola e va vissuta… non saremmo rimborsati
    2. ricdick963, Firenze (Toscana)
      Purtroppo non è a fondo analizzata anche la seconda parte del discorso: presta soldi a un tuo amico e lo perderai. Riscontrato e vero!!
    3. laluceneituoiocchi, Chieti (Abruzzo)
      Io in diverse occasioni ho adottato questa tattica ed ha funzionato, a parte qualche caso patologico!😁
    4. arthur449, Roma (Lazio)
      Quello era solo avversario politico che faceva il suo gioco, il gioco basato sul " far play " che si usa in politica. Bisogna conoscere il vero nemico, sostenuto da invidia, risentimento, odio che goderebbe a distruggere il non amico. E lì non ci sarebbe più il "ponte" del dialogo. Ancora con la psicologia romantica, da letteratura sdolcinata, da rotocalco edicolante?
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