Ricordate la celebre sitcom “Camera cafè”, nella quale gli impiegati di un’azienda vivono la loro vita perennemente piantati di fronte alla insostituibile “macchinetta” in fondo al corridoio? Come la serie ha ben evidenziato, il caffè non è un semplice vizio quotidiano, ma possiede una spinta aggregatrice tutta sua; si potrebbe quasi dire, esagerando ma non troppo, che viviamo in una società basata sul consumo di caffeina: sì, perché “vediamoci davanti a un caffè” è una frase che si sente dire molto spesso e che, sia a livello lavorativo che sentimentale, crea importanti occasioni di confronto e cambiamento.
Il caffè è di fatto un aggregatore sociale. A dimostrarlo, uno studio pubblicato nel 2018 sul prestigioso Journal of Psychopharmacology. L’esperimento alla base dello studio consisteva nel proporre a due gruppi di studenti una discussione attiva su temi di rilevanza sociale; a uno dei gruppi veniva offerto del caffè prima del confronto e all’altro no. Il risultato è che il gruppo consumatore di caffè sembrava essere molto più coeso e collaborativo nel corso del confronto; i suoi componenti sembravano meno propensi a “impuntarsi” e più focalizzati sull’ascolto; al termine della discussione la valutazione di se stessi e degli altri era più positiva.
A spiegare la miglior riuscita del gruppo dei consumatori di caffè rispetto agli altri basterebbe la convivialità che il momento del consumo collettivo ha potuto generare; e questa atmosfera di apertura garantita dalla presenza del caffè è certamente presente, ma non è l’unica motivazione della riuscita dell’esperimento.
Infatti, gli studiosi hanno realizzato un secondo esperimento, fornendo del caffè con caffeina a un gruppo e delle tazzine di decaffeinato al secondo gruppo (senza che i partecipanti lo sapessero). Il gruppo consumatore di caffeina è risultato avere performances migliori rispetto ai consumatori di decaffeinato. Questo smentisce la teoria dell’effetto placebo e riporta al potere attivatore della caffeina parte del merito della riuscita del lavoro in gruppo.
La caffeina, in effetti, stimolando l’attenzione e la concentrazione, potrebbe aiutare le persone a impegnarsi in modo attivo (e non “difensivo”) nelle discussioni e in generale nei rapporti interpersonali. La buona riuscita di un incontro aumenta poi, di riflesso, l’autostima del singolo e la stima degli altri.
Secondo gli studiosi, insomma, è piuttosto importante svolgere una “attività attivante” collettiva prima di discutere e confrontarsi con colleghi, amici o con il partner. Il caffè condiviso è un chiaro esempio di “attività attivante” collettiva, ma non è l’unico: anche un momento di attività fisica di tipo sportivo svolta insieme agli altri prima di un confronto potrebbe garantire risultati del tutto simili.
Le premesse per la buona riuscita di un confronto sono, insomma, creare un’atmosfera di condivisione e svolgere un’attività in grado di stimolare le energie psicofisiche. La tradizionale tazza di caffè, che per anni abbiamo bevuto inconsapevolmente, sembra essere particolarmente utile per favorire un clima di confronto positivo. Questa (purché non si ecceda nel consumo!) è senz’altro una buona notizia.
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