Si dice spesso che non bisogna giudicare un libro dalla copertina ma quando parliamo di abbigliamento la copertina, rappresentata dall’abito, è in modo conscio o inconscio lo specchio del libro (la personalità). Analizzando il modo di vestire di una persona, le parti del corpo che mette in evidenza o i colori che sceglie è possibile cogliere dei dettagli anche profondi della sua anima; perché anche chi deliberatamente trascura il proprio abbigliamento comunica un messaggio sociale.
Al nostro cervello, secondo gli studiosi, bastano sette secondi circa per formulare un giudizio su una persona nuova che si incontra: concorrono in questo l’analisi dei tratti somatici, delle movenze, della voce, ma anche degli abiti, delle loro fantasie e colori. Il vestito infatti è una rappresentazione conscia o inconscia, mediata o immediata del nostro “io sociale”. Seguire la moda o non seguirla, prediligere il rosso o il blu, nascondersi dietro abiti oversize o costringersi dentro panni stretti non sono scelte casuali. È come se il corpo, già di per sé strumento comunicativo, prolungasse i confini naturali dettati dalla sua pelle e demandasse questo ruolo agli abiti, uno strato protettivo che è parte del corpo stesso, una pelle aggiunta alla pelle. Le occasioni in cui ci troviamo nudi sono davvero poche nell’insieme, e la maggior parte delle persone che incontreremo nella nostra vita ci vedranno sempre vestiti: già questo basterebbe a spiegare l’enorme importanza psicologica e sociale dell’abbigliamento.
È stato dimostrato dalla neurologia che determinati colori comunicano messaggi precisi al cervello: il rosso, colore tradizionalmente associato alla passione o alla rabbia, se fissato per un certo tempo alza effettivamente la pressione sanguigna provocando tensione ed eccitazione, o anche nervosismo. Il blu, al contrario, se entra nel campo visivo per un po’ produce un effetto calmante e abbassa la pressione del sangue. Se allora una persona sceglie il rosso o il blu subisce e allo stesso tempo provoca effetti radicalmente diversi. Magari chi si veste di rosso ha bisogno di darsi coraggio, di sentirsi forte; mentre chi predilige il blu vuole comunicare gentilezza e soprattutto, il desiderio di stare in ascolto senza imporsi.
Al di là dei colori, nel complesso dell’abbigliamento personale entrano molte varianti. È interessante ricordare comunque che per gli adolescenti, i quali attraversano una fase critica nella definizione di sé, l’espressione della propria personalità attraverso l’abbigliamento è una priorità assoluta. Tant’è che qualche mental coach ha suggerito una “fashion therapy” modellata sugli stessi criteri agli adulti che stanno attraversando problemi di autostima: rendendo unico e speciale il proprio stile sarebbe possibile infatti riguadagnare una coscienza positiva di sé e allontanare i fantasmi della timidezza e dell’autosabotazione. Certo, il vestito da solo non può molto, ma se inserito in un’operazione coerente di valorizzazione e ridefinizione della propria immagine può davvero essere d’aiuto.
Allora, magari, iniziare a prendersi più cura di sé attraverso l’abbigliamento non è un’idea peregrina: quante donne si trattengono dal comprare certi abiti che adorano perché portano una taglia secondo loro troppo alta? E quante persone di ambo i generi tendono a nascondersi dietro un grigio costante perché mancano del coraggio di esprimere il loro amore per i colori? Non si sta dicendo di esagerare e abbigliarsi come a Carnevale, ma di ascoltare un po’ più i propri desideri e un po’ meno le proprie paure, questo sì.