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    Il vocabolario Treccani per la parità di genere
    La nuova edizione del vocabolario Treccani presenta diverse novità coraggiose, come l’adozione di criteri inclusivi orientati alla valorizzazione dell’elemento femminile nella lingua.

    Da sempre i lemmi presenti sui vocabolari riportano un solo genere, quello maschile. Ma il nuovo vocabolario Treccani 2022/23 segna una svolta simbolica: per la prima volta i sostantivi e gli aggettivi si trovano declinati prima al femminile e poi al maschile. Non è l’unica innovazione: in questa edizione risultano abolite le definizioni basate su stereotipi, come ad esempio “la mamma stira, il papà lavora”, e sono inseriti per la prima volta i femminili professionali. 

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    Questa nuova versione del vocabolario è, per i suoi creatori, non soltanto lo specchio di un mondo che cambia, ma anche un’azione concreta per dare validità e dignità alle lotte passate e presenti per la parità di genere. 

    Vediamo in cosa consiste la “nuova” declinazione dei lemmi e perché è importante. Nei dizionari, ma anche nel parlato, è spesso necessario stabilire una convenzione sul genere delle parole. Quando infatti una parola viene citata in senso astratto, senza un contesto e quindi un genere preciso, come viene riportata? Tradizionalmente, al maschile. Si parla così di “maschile sovraesteso”. Il maschile sovraesteso entra in gioco anche quando, ad esempio, a compiere un’azione sono tre o quattro soggetti, di cui solo uno maschile: in tal caso il gruppo è convenzionalmente connotato come “maschio”. 

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    L’innovazione del vocabolario Treccani prevede che i lemmi compaiano prima al femminile e poi al maschile, non per privilegiare l’elemento femminile ma per semplice logica. Dovendo riportare entrambe le forme di nomi e aggettivi si è scelto di farlo in ordine alfabetico, ed è per questo che il femminile viene prima! Non dovremmo leggerlo come un tentativo di sovraestendere il femminile, ma piuttosto come un’azione riequilibratrice rispetto a un’annosa disparità. 

    Anche le definizioni sono state “rivedute e corrette” in senso inclusivo, con gli strumenti che la nostra lingua permette. Ad esempio, l’onestà o la cattiveria non sono più descritte come “caratteristiche dell’uomo” ma come “caratteristiche della persona” oppure “dell’essere umano”. In passato era comune utilizzare il vocabolo maschile “uomo” per indicare l’umanità in genere, ma si sta cercando di ridimensionare questa convenzione (poco giustificabile se non con l’androcentrismo della nostra cultura). 

    Infine, l’inserimento dei femminili professionali dovrebbe mettere un punto a una discussione annosa, spesso strumentalizzata e penetrata in termini grotteschi nelle chiacchiere da bar. Finalmente, risultano sanciti e “autorizzati” da un vocabolario termini come avvocata, ministra ecc. ed è possibile utilizzarli senza paura di sbagliare. 

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    In chiusura, notiamo che il nuovo vocabolario oltre alle novità sul genere si pone al passo coi tempi anche per la scelta di includere diverse parole nuove. Sono termini che tutti conosciamo e utilizziamo massicciamente in questi anni difficili e che nessuno si sognerebbe di cercare su un vocabolario, ma sono stati inclusi per permettere ai posteri di capire qualcosa in più sugli anni che stiamo attraversando: infodemia, Dad, distanziamento sociale, lockdown, rider, revenge porn, terrapiattismo, transfobia.

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     Commenti (2)
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    1. cri_cri62, Udine (Friuli-Venezia Giulia)
      Ehhhh che gran emancipazione!!! Lo specchio di questa società in cui regna la superficialità... Mettiamo prima il genere femminile.. sì ... sì... poi però non ci sono mai stati tanti femminicidi così!!!
    2. golfeunaltracosa, Torino (Piemonte)
      Nella mia lingua siamo evoluti da sempre. President è president sua maschile che femminile. Cosi tutti i termini. Cambia solo Mr, o Mrs. The old president Mario Draghi, The new president Giorgia Meloni. Solo nel confidenziale diciamo: Mr. President a Draghi, Mrs. President a Meloni. È però anche vero che noi abbiamo il termine mankind e non womankind...
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