Lanciata da un razzo Saturn V dal Kennedy Space Center, il 16 luglio alle 13:32 UTC, Apollo 11 fu la quinta missione con equipaggio del programma Apollo della NASA. La navicella spaziale Apollo era costituita da tre parti: un Modulo di Comando (CM) che ospitava i tre astronauti ed è l'unica parte rientrata a Terra, un modulo di servizio (SM), che forniva il modulo di comando di propulsione, energia elettrica, ossigeno e acqua, e un Modulo Lunare (LM).
La navicella entrò in orbita lunare dopo circa tre giorni di viaggio e, una volta raggiunta, gli astronauti Armstrong e Aldrin si spostarono sul modulo lunare Eagle, con cui discesero per lasciare la superficie e ricongiungersi a Collins sul modulo di comando. Sganciarono, quindi, Eagle prima di effettuare le manovre che li avrebbero portati fuori dall'orbita lunare verso una traiettoria in direzione della Terra dove ammararono nell'Oceano Pacifico il 24 luglio, dopo più di otto giorni nello spazio.
Apollo 11 concluse la corsa allo spazio intrapresa dagli Stati Uniti e dall'Unione Sovietica nello scenario più ampio della guerra fredda, realizzando l'obiettivo nazionale che il presidente degli Stati Uniti, John F. Kennedy, aveva definito il 25 maggio 1961 in occasione di un discorso davanti al Congresso degli Stati Uniti: "Prima che finisca questo decennio, di far atterrare un uomo sulla Luna e farlo tornare sano e salvo sulla Terra".
Tra la fine degli anni 1950 e l'inizio degli anni 1960, gli Stati Uniti d'America erano impegnati nella cosiddetta "guerra fredda", una rivalità geopolitica con l'Unione Sovietica. Il 4 ottobre 1957, quest'ultima lanciò lo Sputnik 1, il primo satellite artificiale. Questo sorprendente successo scatenò paure e immaginazioni in tutto il mondo. Non solo servì a dimostrare che l'Unione Sovietica possedeva la capacità di colpire con armi nucleari su distanze intercontinentali, ma anche di poter sfidare le aspettative statunitensi riguardo alla superiorità militare, economica e tecnologica.
Ciò fece scaturire la crisi dello Sputnik e innescò quella che verrà conosciuta come "corsa allo spazio". Il presidente Dwight D. Eisenhower reagì a queste notizie creando la National Aeronautics and Space Administration (NASA) e dando impulso all'inizio del Programma Mercury, che aveva come obiettivo di portare un uomo in orbita geocentrica.
Kennedy credeva che fosse nell'interesse nazionale non solo essere superiori agli altri, ma che fosse importante tanto essere potenti quanto apparire tali. Era quindi considerato intollerabile che l'Unione Sovietica fosse più avanzata nel campo dell'esplorazione spaziale e che fosse determinata a battere gli Stati Uniti in una sfida che massimizzasse le sue possibilità di vittoria. Poiché l'Unione Sovietica poteva vantare i vettori con la capacità di carico più elevata, agli Stati Uniti si presentava una sfida che andava al di là della capacità nella produzione di sistemi balistici della generazione esistente per uguagliare i sovietici, ma che doveva presentare un traguardo più spettacolare, anche se non giustificato da motivi strettamente militari.
L'Unione Sovietica competeva con gli Stati Uniti nella corsa allo spazio, ma perse il suo comando dopo ripetuti fallimenti nello sviluppo del lanciatore N1, il corrispettivo sovietico del Saturn V. I sovietici cercarono di battere gli Stati Uniti riportando materiale lunare sulla Terra per mezzo di sonde senza umani. Il 13 luglio, tre giorni prima del lancio dell'Apollo 11, i sovietici lanciarono Luna 15, che raggiunse l'orbita lunare prima di Apollo 11. Durante la discesa, Luna 15 si schiantò a causa di un malfunzionamento; questo schianto avvenne due ore prima che Armstrong e Aldrin decollassero dalla superficie lunare per tornare a casa. I radiotelescopi dell'osservatorio Jodrell Bank in Inghilterra registrarono delle trasmissioni di Luna 15 durante la sua discesa, che vennero rese pubbliche a luglio 2009 in occasione del 40º anniversario dell'Apollo 11.
Con un unico pensiero in testa (persino gli orari degli uffici pubblici furono modificati in funzione della missione Apollo 11), circa 900 milioni di persone s’incollarono alla tv. Oltre 20 milioni erano italiani. Giornalisti e osservatori internazionali profetizzarono che l’allunaggio statunitense -seguito anche da Mosca, ma completamente ignorato dalla Cina- avrebbe sancito l’inizio di una collaborazione fra Usa e Urss e, forse, la fine della Guerra fredda. Si trattò di un’illusione, ma l’emozione di chi assistette a quell’evento prevalse, per qualche giorno, su ogni cosa.
Dal giorno del decollo dell’Apollo 11 fu davvero come se tutto, anche in Italia, ruotasse intorno alla Luna. Nelle scuole e nei bar non si parlava d’altro e solo l’ennesima crisi di governo riusciva a sottrarre un po’ di spazio alle notizie provenienti dallo Spazio. I negozi, con le vetrine rigorosamente a tema, ottennero il permesso di tenere accesa la tv anche durante l’orario di apertura e al carcere di Roma il ministero concesse 600 apparecchi in prestito.
Secondo Bisiach la scoperta dell’America, la bomba atomica sul Giappone e la missione dell’Apollo 11 sono stati i tre fatti che hanno più inciso sulla nostra storia: «Quand’ero bambino» dice Bisiach «chiedevo spesso a mia madre per quale ragione la Luna si muovesse, e se mai ci saremmo potuti andare. L’allunaggio ruppe le nostre certezze, le nostre gabbie mentali e annullò ogni differenza fra categorie e classi sociali: in quei momenti non mi sentivo Gianni Bisiach, ma un uomo qualunque fra miliardi di uomini qualunque, troppo piccoli di fronte alla grandezza della vicenda”. L’applauso per il primo passo di Neil Armstrong fu un gesto che accomunò l’Italia e il mondo: “Come accade con i protagonisti di un romanzo, molti si immedesimarono in quei tre astronauti. E quando ebbi modo di intervistarli mi accorsi che non erano supereroi, ma persone normali con i limiti, le debolezze e le insicurezze di ogni uomo”.
L’impresa, per l’astrofisica Margherita Hack, fu più importante sotto l’aspetto umano che scientifico. “Il viaggio di Cristoforo Colombo, di cui nessuno sapeva nulla, fu probabilmente più rischioso di quello dei tre astronauti, che la Nasa seguiva istante per istante. Dal punto di vista della scienza avremmo potuto ottenere risultati analoghi con un robot. Ma senz’altro la missione dimostrò ciò di cui l’uomo è capace”.
Lo scrittore Alberto Bevilacqua commenta: “Rimasi per sette ore in Rai senza rendermene conto, tanto era il fermento. Eravamo sulla Luna, quella che i poeti di ogni tempo avevano cantato. Eppure, la camminata sulla Luna era già stata immaginata dalla fantasia dell’Ariosto e questo, forse, rendeva quel fatto ancora più suggestivo e straordinario. Quasi che la Terra, per una volta, avesse davvero danzato intorno alla Luna”.