Nel 1955 il dottor Thomas Harvey ebbe l’opportunità di esaminare il cervello di Albert Einstein. Lo stupore maggiore degli scienziati fu quello di scoprire che la sua massa cerebrale non era per niente più grande del normale. Il segreto della sua genialità consisteva non tanto nelle dimensioni del suo cervello, quanto piuttosto nell’elevato numero di interconnessioni tra i due emisferi! Proprio così, la mente più brillante di tutto il 900 era solo molto più potente!
Nonostante il cervello umano sia stato approfonditamente studiato ed esaminato, ancora oggi le neuroscienze non sono riuscite a trovare concretamente specifiche aree in cui è contenuta la memoria. Gli studi effettuati ci mostrano una mappa per cui ogni area coinvolge diversi comportamenti. Tuttavia, la memoria sembra essere collocata altrove, poiché non vi è un unico punto che la coinvolga.
Il cervello umano pesa all’incirca 1.300 grammi e nonostante il suo peso esiguo, è uno dei sistemi più complessi dell’universo conosciuto. È costituito da circa 100.000.000 di cellule nervose chiamate neuroni. Ognuno dei quali ha da 1.000 a 10.000 sinapsi, ovvero punti in cui si può connettere con altri neuroni. Formando vere e proprie reti neurali tra loro comunicanti.
Sebbene il nostro cervello riesca ad elaborare circa 20.000.000 stimoli al secondo, noi siamo coscienti soltanto di un limitato numero d’informazioni, pari a circa 40 stimoli al secondo.
L’emisfero destro è la sede della mente inconscia. Mentre l’emisfero sinistro è la sede della mente conscia. Secondo le neuroscienze, dunque, quasi tutta la mente risiede nel subconscio e di conseguenza noi siamo in grado di utilizzarne coscientemente soltanto una parte infinitesimale.
È fondamentale quindi per attivare il potenziale del nostro cervello, sfruttare in modo consapevole il procedere dell’inconscio. Come fare?
Le tecniche di memoria, volte a potenziare la nostra mente e a ricordare nel lungo termine, si basano su tre principi: immagini, associazioni ed emozioni.
Non riusciamo a ricordare delle informazioni, pur avendo la consapevolezza che sono entrate nella nostra mente, perché non vengono archiviate nel modo corretto. La maggior parte delle volte i dati immagazzinati vengono inseriti in ordine casuale, con conseguente incapacità di recupero, come se consultassimo un dizionario senza ordine alfabetico.
Prendiamo una storia esemplare, quella Vanni De Luca; a 18 anni aveva un sogno: diventare judoka e partecipare alle Olimpiadi. Quel sogno si infranse contro un brutto incidente alla spalla che lo costrinse a dire addio per sempre al tatami.
Mentre era in convalescenza, Vanni si imbatté in un programma alla tv dove un tale tentava di battere un record ricordando a memoria una lunghissima sequenza di parole. Ne rimase affascinato e decise di voler provare a trasferire i principi chiave dello sport, cioè la tecnica, il metodo e l’allenamento, in una nuova disciplina, che aveva a che fare non con gli arti, ma con il cervello.
Pochi anni dopo, quella folgorazione lo ha portato in uno show sui prodigi che la sua mente oggi riesce a compiere. Riproponendo un mix di sketch che hanno tutti come oggetto strabilianti dimostrazioni della sua capacità mnemonica, l'artista - o, come ama definirsi, l'atleta mentale - cominciò con un salto indietro nel tempo di 116 anni per esibirsi nella prova che ha reso celebre Datas, the memory man: chiedere a qualcuno del pubblico di indicare la propria data di nascita, per risalire in pochi istanti al giorno della settimana corrispondente. Tre tentativi tra il pubblico, tutti azzeccati.
L’escalation proseguì con l'ambiziosa prova "multipla" con il pubblico che andò letteralmente in visibilio quando il mentalista si cimentò con il cubo di Rubik mentre recitava un brano della Divina Commedia e risolse un rompicapo numerico alla lavagna, elencando una serie di numeri che, sommati in tutte le direzioni, davano come risultato una cifra scelta in modo casuale da una persona del pubblico. E fin qui la parte ludica, terminata la quale, si passò a un momento di scienza, durante il quale l'equipe della neuropsicologa Michela Balconi diede il riscontro dell'attività neuronale, soprattutto quella che regola le funzioni superiori della memoria - registrata con un apposito set di sensori applicato al cranio di De Luca per tutto il tempo della sua esibizione.
Le mappe grafiche che raffiguravano le differenze di impiego rivelarono un'iperattività generale dei neuroni che raggiunse un primo picco importante durante la prova del salto del cavallo, soprattutto nella parte destra del cervello, principalmente deputata al controllo dello spazio.
Il "paziente" confermava che in effetti la tecnica consiste “nel ricreare mentalmente la scacchiera e associare ogni casella a un personaggio famoso”.
Nella prova del gran finale, la più elaborata e impegnativa (quella di multitasking), le mappe rivelarono una forte concentrazione di indicatore rosso, segno che l'attività celebrale raggiunse il suo picco più elevato.
Vanni è l'unico artista italiano a portare in scena il numero più complesso mai ideato nella storia del mentalismo: in pochi minuti, e contemporaneamente, non solo riesce a risolvere un cubo di Rubik, ma anche a scrivere al contrario e recitare a memoria un canto della Divina Commedia scelto liberamente dal pubblico.
Ispirato dalle spettacolari gesta dei «supercalcolatori umani», fenomeni del Varietà anni Venti, ha sviluppato un metodo infallibile per ricordare pacchetti di informazioni mastodontici. Profondo conoscitore del potere della mente sul corpo, è in grado di modificare il suo battito cardiaco e utilizza questo stato di trance per esperimenti sensazionali, dall'apnea prolungata al fachirismo. Egli è l’esempio vivente di come la si possa essere capaci di usare la mente alla sua massima potenza.
“Il nostro problema con la mente è che la consideriamo finita”, ricorda il prodigio pavese. “Invece le giuro che chiunque potrebbe fare cose così. Certo, allenandosi, allenandosi, allenandosi. Il cervello è come un muscolo, si tonifica con l'esercizio".
Provare per credere!