In un lontano regno viveva un sovrano molto amato e ammirato dal proprio popolo. Per la sua saggezza e la sua bontà era abituato a ricevere ogni sorta di omaggi. Un giorno, un uomo portò al re un dono molto particolare: due falchetti, figli di una stessa madre. Il re li diede al proprio falconiere di fiducia perché li addestrasse.
Il falconiere, che era molto esperto nel suo lavoro, nutrì gli uccelli, che erano ancora dei pulcini, con grano della miglior qualità. Li nutriva equamente e si prendeva cura di loro ogni giorno, dedicando a ciascuno le stesse calorose attenzioni.
I falchetti erano fratelli, ma appena iniziarono a crescere si vide che erano molto diversi. Uno dei due era chiaramente più timido e debole rispetto all’altro. Allora il falconiere iniziò a cambiare il suo atteggiamento: per far sì che il più gracile “recuperasse” gli dava da mangiare di più, dimenticando a volte di nutrire il fratello che sembrava così sano e forte. Faceva tutto questo perché temeva che il piccino morisse, rendendo triste il re.
Il pulcino più forte, trascurato, dovette imparare a cavarsela da solo. La gabbia era spesso aperta, per cui lui usciva e si metteva a becchettare in giro. Dava la caccia a piccoli vermi e scovava le briciole nascoste nell’erba. In questo modo riusciva a sopravvivere anche se non era nutrito abbastanza.
Entrambi i falchi diventarono dei magnifici adulti. Ma anche da grandi conservarono importanti differenze. Uno dei due, pur fattosi sano e forte, passava tutto il tempo nella gabbia e non sapeva volare; l’altro invece era totalmente autonomo.
Quando il falconiere si rese conto che uno dei falchi non volava, si disperò al punto da informarne il re. Questi emanò un bando, promettendo una ricompensa a chi sarebbe riuscito a far volare l’uccello “sedentario”. Molti, attratti dal premio in denaro, tentarono di far volare l’uccello in molti modi, esortandolo, educandolo, persino inscenando pratiche magiche: non servì a nulla. Qualcuno mise il falco sopra il ramo di un albero, convinto che prima o poi si sarebbe mosso, invece lui rimase lì.
Un giorno si presentò al castello un contadino, deciso a tentare la prova. Il re lo lasciò solo di fronte all’albero su cui ormai il falco sedeva da tempo: era stanco di vedere tentativi fantasiosi ma inutili e ormai aveva perso la speranza. Poco dopo, l’uomo andò a chiamare il re. Quando il monarca uscì si rese conto, con stupore, che l’uccello stava volando.
«Come hai fatto?» chiese al contadino; «Semplice: ho tagliato il ramo» rispose lui.
Questa storia zen è stata scritta per dimostrare che le difficoltà, i rischi, gli incidenti della vita sono ciò che ci consente di volare, ossia di esprimere appieno le nostre potenzialità. Vivendo in una campana di vetro potremmo illuderci di prosperare, ma non scopriremmo mai fino in fondo cosa siamo in grado di raggiungere.