Stephen Hawking sosteneva che il principale nemico dell’uomo non fosse l’ignoranza, ma l’illusione della conoscenza: specialmente quando, arrivate a un certo punto del loro percorso di apprendimento, le persone si “siedono” su ciò che sanno e iniziano a rifiutare gli stimoli nuovi, rinunciando a ogni sfida impegnativa.
Quando si è in questo processo, le nuove informazioni si acquisiscono solo su temi già conosciuti (o affini) e con metodi già consolidati. Il vero apprendimento, però, è quello che permette alla nostra mente di spingersi davvero un po’ più in là rispetto ai territori già battuti.
È pensando a tutto ciò che il matematico, economista e scrittore statunitense E. R. Weinstein ha proposto il concetto di “sandbox mentali” e ha sostenuto la necessità di usarle.
Il termine “sandbox” viene dal gergo informatico: infatti i programmatori chiamano così dei particolari spazi sicuri all’interno dei PC dove è possibile analizzare il comportamento di virus e malware senza rischi per il sistema. Creare una sandbox mentale significherebbe quindi creare uno spazio interiore dove accogliere i concetti e le idee più innovativi, contraddittori ed estranei per conoscerli meglio.
Weinstein ci invita quindi a dare una possibilità a tutte quelle idee che giudichiamo troppo complicate, distanti dalla nostra sensibilità, irrazionali, eretiche, bizzarre e a ragionarci sopra senza scartarle a priori: una specie di esercizio mentale continuo.
Tutti tendiamo, specialmente a una certa età, a comportarci da “pensatori conformisti” per risparmiare energie mentali: attribuiamo verità e validità solo alle informazioni che si accordano con la nostra visione del mondo. La sandbox mentale rappresenta l’esatto opposto, perché ci spinge a consumare energie cognitive e ci espone a un salutare disequilibrio, almeno una volta tanto.
Il nostro cervello è, per natura, avverso a tutto ciò che appare contraddittorio o senza spiegazione. La tentazione più comune è di etichettare ogni cosa per spiegarla, oppure rifiutare direttamente un’informazione che nella sua ambiguità può mettere in pericolo il sistema (come se fosse davvero un PC minacciato). Per iniziare il prezioso allenamento delle sandbox mentali è sufficiente darsi sempre un po’ più tempo prima di scartare una nuova proposta o prima di etichettare una notizia come “folle”.
I mutamenti sempre più veloci nella nostra società ci fanno capire che qualsiasi cosa oggi ritenuta intramontabile, dalla tecnologia ai valori, potrebbe non esistere più un domani. Creare spazi mentali dove mettere in discussione le novità o le stranezze del mondo significa mantenere una plasticità del pensiero che può essere particolarmente utile nel nostro mondo.
Senza saperlo, quasi tutti gli scienziati e i grandi innovatori hanno attivato delle sandbox mentali che hanno permesso loro di scardinare ciò che sapevano e pervenire a nuove scoperte. Basta renderci conto che un pensiero nuovo non ci ucciderà, come a volte sembriamo credere.