Secondo lo psicologo e scrittore Daniel Goleman l’intelligenza emotiva rappresenta il principale fattore per fare strada nella vita: peserebbe per circa l’80% nella “ricetta del successo”.
Goleman è uno dei tanti studiosi e pensatori che si sono appassionati al tema delle emozioni, con il loro potere trascinatore e ispiratore: secondo lui i grandi leader non sono coloro che calcolano sapientemente ogni mossa, ma sono soprattutto coloro che sanno accendere un fuoco negli altri, spingendoli a seguirli. Ha spiegato questa teoria in molti articoli e libri, tra cui il celebre “Emotional intelligence”.
L’intelligenza emotiva è definibile come la capacità di riconoscere le proprie emozioni e quelle degli altri, prendendo spunto da questo sapere per direzionare il proprio agire. Laurie K. Cure, amministratore delegato della società di consulenza Innovative Connections, sostiene che l’intelligenza emotiva sia diventata ormai il requisito numero uno per prevedere il successo professionale in tutti i tipi di lavoro.
Sembra insomma che la tanto sottovalutata empatia non sia una caratteristica da “buoni e tonti” ma sia invece un vero e proprio booster per la carriera: ciò che fa la differenza, quando parliamo di intelligenza emotiva, è sapere usare la dote innata dell’empatia a proprio vantaggio, conoscendo se stessi e governando i propri impulsi più ciechi.
Il leader dotato di intelligenza emotiva conosce profondamente il mondo delle emozioni e sa di cosa hanno bisogno i suoi collaboratori per dare il meglio. È in grado di infondere fiducia in chi vacilla, di frenare l’entusiasmo di chi brucia le tappe, di calmare gli iracondi, perché è un conoscitore istintivo e raffinato dell’animo umano. Sapere cosa gratifica l’essere umano dal punto di vista emotivo e soddisfare questo lato della personalità è ciò che trasforma un capo in un leader. Ciò non vale solo nel mondo del lavoro ma anche in quello dello sport, nell’ambito amicale e in famiglia.
Come insegnano la filosofia antica e quella orientale, l’intelligenza emotiva ben sviluppata non può prescindere dalla consapevolezza di sé. Chi ha allenato la propria intelligenza emotiva ha imparato a prendere contatto con il proprio io, riconoscendo i suoi trigger, le sue paure, che cosa lo commuove e cosa lo fa scattare. Il passo successivo è confrontare, attraverso l’ascolto attivo, questo mondo interno personale con quello degli altri, riconoscendo i punti in comune e le divergenze e sapendo utilizzare al meglio gli strumenti forniti dall’attivazione emozionale.
Le abilità sociali che fanno seguito alla formazione di una buona intelligenza emotiva sono diverse: gestire efficacemente i conflitti, farsi ascoltare, ispirare fiducia, acquisire autorevolezza. È proprio vero dunque che chi ha la capacità di riconoscere e governare le emozioni proprie e non proprie è per così dire un leader naturale.
L’intelligenza emotiva, come avete forse immaginato leggendo queste righe, può essere anche un’arma letale se non è accompagnata da valori come l’onestà, la bontà e l’autenticità. Questa è una delle principali critiche che si possono muovere al lavoro di autori come Goleman. Come ci insegna la pubblicità, tecnica capace di smuovere gli animi e indurre all’acquisto giocando spesso e volentieri su un sottile inganno, e come ci insegnano le storie di tanti leader e tiranni capaci di portare enormi masse nella loro follia, l’intelligenza emotiva è un’arma che può rivelarsi pericolosa se non si accompagna a una solida etica.