L'effetto Mandela o “falso ricordo collettivo” è un termine che si riferisce a un fenomeno psicologico in cui molte persone credono erroneamente che un evento particolare abbia avuto luogo, nonostante non ci siano prove concrete o documentazione a sostegno di tale credenza.
Questo effetto prende il nome da un esempio particolarmente curioso: molte persone si convinsero erroneamente che l'ex presidente sudafricano Nelson Mandela fosse morto in prigione negli anni '80, anche se in realtà era stato rilasciato nel 1990 e ha vissuto fino al 2013.
Nello specifico, nel 2009, la “ricercatrice del paranormale” Fiona Broome tenne una conferenza nella quale rievocò la morte del leader. Quando uno dei presenti le fece notare che Mandela era vivo e vegeto (sarebbe morto 4 anni dopo) la conferenziera rimase piccata, in quanto sosteneva di ricordare perfettamente anche il discorso che la vedova aveva tenuto in TV. Chiese quindi al pubblico di darle ragione e molti effettivamente ricordarono di aver saputo della morte di Mandela anni prima in TV. Da questo evento prende il nome il cosiddetto effetto Mandela, subito posto all’attenzione di psicologi e neuroscienziati per indagarne cause e funzionamento.
Secondo i ricercatori l’effetto Mandela è una dimostrazione della fallibilità della mente umana: a volte, stimolati da altre persone come nel caso prima visto, ci si convince che una cosa sia vera e si riesce addirittura a ricordarla, ma in realtà si crea una falsa memoria. Il motivo è nella plausibilità di determinati assunti: Mandela, ad esempio, ha trascorso lunghi anni in prigione e la sua morte in cella veniva etichettata dal cervello delle persone come qualcosa di plausibile.
L’effetto Mandela può originarsi anche da vere e proprie “falle” nell’apprendimento. Esempi molto comuni riguardano, infatti, le esperienze infantili. Molti adulti ricordano che Topolino, nei cartoni animati e nelle strisce, indossasse le bretelle, mentre non è vero. Probabilmente i bottoni che appaiono sempre in bella vista sui calzoncini del personaggio hanno portato molti a immaginare che per logica servissero a fermare delle bretelle. Ecco perché alcuni studiosi hanno paragonato l’effetto Mandela al gioco del telefono senza fili, nel quale le informazioni passando da una bocca all’altra vengono distorte o perse (e magari si cerca di reintegrarle con la creatività).
L'effetto Mandela può verificarsi quando le persone condividono storie o informazioni in modo informale o attraverso i social media, creando una sorta di "leggenda metropolitana" che può diffondersi rapidamente. Anche le regole della condivisione via web rispondono, in parte, alla logica del telefono senza fili e quando si sentono molte persone sostenere una tesi viene naturale lasciarsi suggestionare.
L’effetto Mandela è la dimostrazione che i ricordi non sono una scienza esatta, tutt’altro. Ecco perché quando si svolgono dei processi le testimonianze di chi sostiene di avere assistito a un delitto sono spesso divergenti e possono anche rivelarsi false dopo un’attenta verifica delle prove.
L’effetto Mandela è definibile come “falso ricordo collettivo” ma esistono anche falsi ricordi “individuali”: capita che una persona si convinca, o venga convinta attraverso specifiche tecniche di manipolazione, di avere assistito a scene mai avvenute. Tempo fa girava un meme che mostrava una famiglia felice a Disneyland con la scritta: “vuoi essere un buon genitore? Impara a usare photoshop. I ricordi dei bambini passano, le foto restano”. Questa può essere una riflessione divertente sul fenomeno del falso ricordo, eventualmente supportato da false prove. Ma la cosa è anche piuttosto inquietante se la applichiamo a possibili ambienti giudiziari o a testimonianze giurate, non trovate?