La carne inquina, ormai lo sanno tutti. L’industria legata alla produzione e al commercio di bistecche, hamburger e filetti contribuisce per il 15% alle emissioni globali di gas serra. Ciò avviene sia in modo diretto, ad esempio con il metano emesso dai bovini, sia in modo indiretto per la filiera del foraggio, la quale richiede acqua e combustibili per la produzione e il trasporto. Inoltre la produzione di mangimi per gli animali occupa una gran quantità di terreni e ha un ruolo nella perdita della biodiversità in molte zone del mondo.
Oggi sempre più persone stanno considerando di abbracciare un’alimentazione vegana e per la prima volta a spingere non è solo la sensibilità verso gli animali, ma anche la preoccupazione per l’ambiente.
Ma le alternative vegane alla carne oggi in commercio sono davvero più sostenibili dei prodotti animali? Secondo le company coinvolte in questa industria, sì. Gli studi finanziati da aziende leader del settore della carne vegetale, Beyond Meat e Impossible Foods, affermano che le emissioni di agenti inquinanti legate alla carne-non-carne siano solo il 10% circa rispetto alle emissioni dell’industria della carne vera e propria.
Sarà vero? Ancora una volta, pare proprio di sì! Lo conferma uno studio indipendente della John Hopkins University (Maryland, USA). I ricercatori hanno considerato, sulla base delle pubblicazioni ad oggi esistenti, quale sia l’impatto sul suolo, sull’acqua e sulla qualità dell’aria dei prodotti vegetali. I risultati sono in linea con quanto ipotizzato prima: i burger e gli altri prodotti vegani fanno emettere il 93% in meno di gas serra, consumano mediamente il 98% in meno di suolo e il 77% in meno di acqua rispetto alla carne bovina.
Ovviamente non tutte le carni sono uguali. Se la più inquinante è certamente quella di manzo, se si parla dei polli o dei maiali le emissioni e l’uso del suolo per la coltivazione di foraggio sono meno consistenti. Ciò non toglie che la carne vegetale risulti di gran lunga la più sostenibile. Se i prodotti vegani rimpiazzassero del tutto quelli onnivori, improvvisamente si libererebbero milioni di ettari di suolo che potrebbero essere utilizzati per sfamare la popolazione mondiale, che è in continua crescita. Invece delle stime affermano che entro il 2031 la domanda di prodotti animali aumenterà con il crescere della popolazione e del reddito dei Paesi in via di sviluppo.
Ma perché non diventiamo tutti vegani, se è così conveniente? Per lo stesso motivo per cui i Paesi in via di sviluppo domandano carne e non burger vegetali: è un problema non solo di mentalità ma soprattutto economico. Le alternative vegetali sono costose, troppo costose, specie se di buona qualità e prodotte con tecnologie innovative. Inoltre trasformare la filiera della carne in una industria tutta vegetale richiederebbe miliardi di dollari di investimenti.
C’è anche un limite, per così dire, culinario. Finora l’industria della carne vegetale è riuscita a fornire valide alternative ai prodotti della carne triturata o macinata, come hamburger e salumi. Trasformare della soia in una fiorentina è piuttosto difficile, visto che le proteine vegetali hanno una forma tondeggiante mentre quelle animali hanno una forma allungata e risultano più fibrose. Quindi i consumatori appassionati di bistecche e costate non riescono a trovare pane… pardon, carne per i propri denti. Chissà che i nuovi ritrovati come la carne coltivata non possano prima o poi accontentare anche la gola, oltre al pianeta: ciò spingerebbe molte persone a cambiare rotta sul fronte dell’alimentazione.