Gli ideali, per loro stessa definizione, non attengono al mondo reale. Le forme del corpo, al contrario della mentalità o delle convinzioni etico-politiche, ci sono date dalla natura e non si prestano a essere piegate a uno standard; nonostante ciò, miliardi di donne nei secoli hanno tentato di incarnare i canoni estetici della loro epoca e paese, piegandosi anche a rituali estenuanti per raggiungerli.
In questa breve carrellata ci concentreremo su un aspetto, tra i tanti possibili, che suscita ancora oggi accesi dibattiti: il corpo prosperoso e il corpo esile.
Non dimentichiamo che solo a partire dal Novecento alle donne è concesso avere voce in capitolo sul tema della bellezza. Prima di questa epoca, il canone era determinato esclusivamente dagli uomini ed era collegato al ruolo che le donne dovevano ricoprire nella società patriarcale.
La donna formosa: antica grecia, rinascimento italiano, era vittoriana, anni '40 e '50
Il primo a scrivere un trattato in cui veniva definito l'ideale di bellezza fu uno scultore: Policleto di Argo (V secolo a.C). Dopo aver misurato le parti del corpo di diversi uomini elaborò un canone che si basava sulla media di esse, definendolo ideale. Questo gettò le basi della statuaria greca e poi romana e della trattatistica connessa. La donna, nell'antica Grecia, aveva un ruolo molto limitato e il canone di bellezza che le fu assegnato prese spunto da quello elaborato per l'uomo. Il fisico femminile più apprezzato era morbido e formoso, con fianchi larghi, seno e glutei non troppo pronunciati, ma rotondi e sodi. Un corpo prosperoso, dunque, regolato secondo un sistema di proporzioni possibili ma astratte, quelle che ammiriamo ancora oggi nelle meravigliose statue di Prassitele.
I romani prima e gli uomini del rinascimento poi traggono i loro ideali proprio da questi canoni. Nel rinascimento, però, la donna ideale è decisamente più in carne di quella greca: deve avere un ventre e un petto ampi, grosse natiche e la pelle chiara.
A partire dal Settecento, su questi principi viene a innestarsi una nuova moda: quella del vitino di vespa. La necessità di mostrare una vita stretta in un corpo altrimenti formoso ha costretto milioni di donne a indossare scomodissimi corsetti, i quali arrivavano addirittura a danneggiare seriamente il loro fisico. In epoca vittoriana, il corsetto poteva essere tolto solo in stato di gravidanza, ma non mancavano aberrazioni come gli appositi corsetti premaman.
Un ideale simile a quello vittoriano, a ben pensarci, è rappresentato dalle vamp d'inizio Novecento, dalle pin up degli anni '40 e dalle dive di Hollywood negli anni '50: un corpo formoso, dal grande seno ma dalla forma a clessidra.
Il canone greco e rinascimentale, a guardarlo in prospettiva, sembra decisamente più raggiungibile.
La formosità della donna era associata alla ricchezza, dunque a una buona alimentazione e all'assenza di duri lavori manuali, ma anche alla capacità di essere madre, unico compito delle donne nella società patriarcale. Per questo, in epoca fascista, Mussolini elevò la donna abbondante a perfetto canone della moglie e madre italiana, contro la moda della magrezza che negli anni '20 aveva già iniziato a circolare.
La donna sottile: anni '20, '60 e '90
Le epoche contraddistinte da una maggiore uguaglianza tra i sessi vedono il definirsi per le donne di nuovi canoni. Tutto inizia negli anni '20 con la cosiddetta garçonne, definita così per il taglio corto dei capelli che, per la prima volta nella storia, può essere adottato anche dalle donne. Il fisico amato diviene asciutto, il seno piatto, le gambe e le spalle sottili: questo era il ritratto della donna moderna, alla quale era concesso di praticare lo sport, vietato nei secoli precedenti, e quindi di essere muscolosa. La nuova autonomia sociale e politica conquistata dal gentil sesso passa così attraverso la ricerca di un corpo androgino e desessualizzato.
È quanto avverrà anche negli anni '60, altro periodo di libertà e rivendicazioni femministe, con l'instaurazione dell'ideale della "donna grissino" incarnato dalla modella Twiggy.
Negli anni '90, purtroppo, questa verve riformista si trasforma in un pesante giogo per le donne. Le modelle in passerella sono estremamente magre, una magrezza malsana. Il corpo ideale è il corpo anoressico, con le ossa in vista e la pelle traslucida. Non si esclude che questo abbia influenzato negativamente molte giovani donne, rendendo malattie come l'anoressia una vera piaga sociale. L'anoressia è un disturbo mentale che esiste almeno dal Medioevo, eppure a partire dagli anni '60 è arrivata a toccare milioni di giovani.
Ideali misti e bellezze alternative: la donna contemporanea
La donna contemporanea, per quanto riguarda la bellezza ideale, si mostra come un mix a volte azzardato di formosità e magrezza. Se infatti la pancia piatta è un ideale mai tramontato, negli ultimi anni si pone enfasi sulla rotondità del seno e dei glutei. La donna ideale è complessivamente magra, ma senza le punte patologiche degli anni '90, e ha un aspetto sano. Le aree formose sono circoscritte. Questo canone si mostra complessivamente piuttosto irrealistico dal punto di vista fisiologico e viene spesso ottenuto attraverso procedure di chirurgia estetica.
Per fortuna, da un decennio a questa parte vanno affermandosi anche ideali di bellezza alternativi: è il caso ad esempio delle modelle curvy, che irrompendo nel mondo della moda stanno procedendo allo svecchiamento e all'apertura di un ambiente chiuso e patinato.
Nella contemporaneità trovano posto bellezze uniche, stravaganti: la modella dalla pelle più nera del mondo e quella albina; la modella con la vitiligine e quella coperta di lentiggini; La modella con la sindrome di down, portatrice dunque dei caratteristici tratti somatici; la modella calva.
Si tratta di rivoluzioni interne al mondo della moda che sono elaborate a fini puramente commerciali, ma l'augurio è che queste bellezze "diverse" ci spingano ad allargare il rigido canone che abbiamo ereditato a una varietà di forme, di colori, di fisici "reali" e non solo immaginati.