Superare l'abbandono
Un partner che ci lascia, si allontana o addirittura sparisce senza spiegazioni è un partner che ci ha abbandonati. Quando ciò avviene proviamo angoscia, senso di impotenza e dolore: per la psicologia si tratta di un vero e proprio lutto e come tale va affrontato.
Alcune persone si ritrovano, fin da bambine, ad avere a che fare con l'abbandono. Esso non è sempre concreto e reale, ma si gioca spesso sul piano psicologico. L'abbandono emotivo avviene quando una persona, in questo caso il genitore, appare fisicamente vicino ma effettivamente assente, sordo al nostro bisogno d'amore.
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La condizione dell'abbandono, che sia fisica o psicologica, è estremamente dolorosa per chi la vive. In età adulta l'abbandono può essere rivissuto in diversi contesti, da quello amicale a quello sentimentale, quando si viene lasciati da un partner. I sintomi sono gli stessi: angoscia, sensi di colpa, gelosia, rimpianti e depressione, senso di lutto. Il più grande abbandono che sia possibile vivere, infatti, è la morte di una persona cara e quando veniamo lasciati improvvisamente da un partner o da un amico i meccanismi che si attivano sono in parte gli stessi.
Constatata la profonda ferita che la mente vive in questo contesto, la psicologia consiglia di gestire l'abbandono attraverso le 5 fasi di elaborazione del lutto. Se infatti lo choc non viene elaborato i danni alla psiche potrebbero diventare molto seri, fino a cronicizzarsi, costringendoci a vivere nel rimpianto o andare in cerca di altre storie dolorose, che riproducano lo scenario della perdita non elaborata.
Quali sono queste fasi?
- Negazione. È il momento della perdita, del trauma profondo. In questa fase di choc, caratterizzata da smarrimento e panico, il cervello attiva dei meccanismi difensivi primari che conducono alla negazione. Lo stato generale è di confusione, tuttavia si tende a negare a se stessi che quanto è accaduto sia successo realmente. Questa prima fase dovrebbe finire al più presto: rimanere impantanati nella negazione è, infatti, estremamente negativo per la psiche. Dobbiamo renderci conto che l'abbandono c'è stato, fronteggiare il dolore per potere andare avanti.
- Contrattazione. Dopo lo choc dei primi momenti, sentiamo l'intenso e doloroso bisogno dell'altro: vorremmo solo che tornasse, che ci chiamasse, che cambiasse idea. La sensazione è molto simile a quella dell'astinenza da sostanze stupefacenti: l'intensa mancanza produce agitazione, ansia, malessere intestinale, irrequietezza. Concentrarsi su qualsiasi altra cosa appare impossibile. In questo momento pensiamo che, sì, siamo stati abbandonati, ma forse potremo convincere il partner a tornare. Questa fase, che sembra a primo impatto negativa, se non dura troppo a lungo può essere un momento fertile, in cui fa capolino il senso di auto-efficacia. In pratica, iniziamo a non sentirci più così impotenti.
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- Rabbia. Quando i tentativi da parte nostra di far tornare chi ci ha lasciati falliscono, ecco che si scatena la rabbia. Questo momento è quello decisivo per l'elaborazione dell'abbandono: la rabbia è, infatti, positiva perché dal punto di vista psicologico è la prima vera reazione di distacco dall'altro. Essa può dirigersi sia contro noi stessi che contro l'ex, la cui colpevolizzazione sembra donare un po' di sollievo. Ma attenzione! Anche questa fase deve concludersi presto. Esistono persone che restano intrappolate nel girone della rabbia anche per anni, per decenni interi: come è possibile ricostruire la propria vita senza aver esaurito la frustrazione? Per quanto l'altro ci abbia ferito, anche l'aggressività dovrà esaurirsi, prima o poi.
- Depressione. Esaurita la rabbia, arriva l'autentica presa di coscienza della perdita. La persona abbandonata si sofferma su tutto ciò che non può più avere, amplificando involontariamente il livello di sofferenza. Questo genera un circolo vizioso di pensieri, e alla lunga porta a uno stato di vera e propria depressione. Questo momento è marcato da sintomi tipici come mal di testa, insonnia o ipersonnia, auto-isolamento, aumento o perdita del peso corporeo. Per fortuna, questa fase così negativa è la penultima del processo e va attraversata, non evitata, al fine di preparare il riscatto e la rinascita.
- Accettazione. Le quattro fasi che abbiamo ripercorso non sono rigide, ma mobili e spesso sovrapposte tra di loro. In ogni caso, eccoci giunti alla fase finale, quella in cui siamo pronti a lasciar andare il lutto. In questa fase finiamo per riconoscere davvero, accettandolo, che l'altro non tornerà mai più da noi. Ciò che abbiamo vissuto resta un brutto ricordo dal quale è possibile trarre degli insegnamenti; ora, siamo pronti non solo ad accettare l'aiuto di amici e parenti, ma anche a pensare a un futuro nuovo amore.
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Dalla fase uno alla fase cinque, come si vede, è trascorso del tempo. Questo può essere più o meno lungo, ma deve essere vissuto pienamente e non eluso. Tentativi di compensazione come il famoso chiodo-scaccia-chiodo non aiutano nella riparazione della ferita, anzi, finiscono spesso per aggiungere peso al bagaglio delle sofferenze. Superare l'abbandono è faticoso, lungo, ma è un processo salvifico: trarre insegnamento dai traumi, senza finire per negarli o al contrario replicarli, è un processo di maturazione che non potrà non avere ottimi risvolti sui nostri futuri legami.
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