Apparentemente sembra semplice: mi ferisci? Ti lascio. Non sei disposto a instaurare un dialogo con me? Non perdo tempo a implorarti.
Invece, si sa, non è affatto così. Se qualcuno vi suggerisse di attuare il cosiddetto "no contact", cioè di interrompere le comunicazioni per un certo tempo come preludio al distacco definitivo da chi vi ferisce, forse la vostra prima reazione non sarebbe positiva.
Se amate una persona che vi fa del male da tanto tempo, il solo fatto che non abbiate già rotto è una possibile prova che si è instaurata una forma di dipendenza o co-dipendenza affettiva. Per questo, assicurano gli psicologi, è più facile ascoltare nei loro studi persone che inseguono disperatamente il dialogo, il chiarimento, piuttosto che persone desiderose di interrompere il rapporto con chi fa loro del male.
Ogni nuovo contatto con la persona oggetto di dipendenza è una fonte di dolore delizioso e irrinunciabile. La speranza, anche se in modo non razionale, si riaccende a ogni sua parola un po' più positiva e spinge a replicare gli stessi meccanismi anche per anni.
In tutto questo, il suggerimento di attuare il no contact è una specie di tecnica salvifica, che insegna al vostro cuore torturato che può sopravvivere anche da solo. Gli psicologi consigliano di evitare i contatti per tutto il tempo necessario a disintossicarsi. Sì, avete letto bene: disintossicarsi, come fareste per placare la dipendenza da una sostanza psicotropa. Per disinnescare la dipendenza vi servirà almeno un mese, se non di più.
Un mito da sfatare: il no contact non è, come alcuni dicono, una tecnica per far tornare chi vi ha fatto sentire abbandonati, per farlo innamorare, per ricattarlo o punirlo. Va invece inteso come un momento di recupero dedicato a voi stessi.
È essenziale non cadere in questo equivoco, che sa un po' di leggenda e un po' di speranza, entrando invece nell'ordine delle idee che il no contact è un modo per salvarsi, per chiudere relazioni senza futuro.
Come si attua il no contact? Evitando i contatti. Dunque si tratta di non telefonare, non scrivere, non fare visita alla persona da cui vi state disintossicando ed evitare di rivolgerle la parola se la incontrate per strada.
Molti credono che questa tecnica sia un po' sadica nei confronti dell'altro, ma non è così. Quando il no contact diventa l'unica soluzione possibile, di sicuro siete di fronte a una persona che non è minimamente interessata a voi né pronta al dialogo.
Il principale rischio del no contact è non rispettarlo. Non sono rari i casi in cui persone fortemente dipendenti da relazioni molto tossiche cerchino ripetutamente di rompere i contatti con il loro "vampiro", senza riuscirci se non dopo diversi tentativi: per sfinimento. Intanto, hanno trascorso mesi e anni di grande dolore.
D'altronde, questo vale per qualsiasi dipendenza, che se è tale solo in pochissimi casi viene risolta al primo tentativo.
Importantissimo, comunque, cercare di rispettare il no contact fino a sentirsi liberati dal fantasma dell'altro. È normale soffrire, sentirsi spaesati, provare "astinenza" da lui o lei, e la vera sfida è proprio riuscire a stare dentro queste sensazioni, vivendole fino in fondo senza ricercare il palliativo nell'ex partner.
Durante questo periodo avrete bisogno di molto sostegno, per cui consigliamo di renderne partecipi amici e parenti, i quali sapranno darvi ascolto e offrirvi occasioni di svago. È sconsigliato, infatti, passare quel mese o due rimanendo spesso in casa da soli: si tratta anzi di recuperare tutta quella fetta di vita che per colpa del "vampiro" vi stavate perdendo.