Un’interpretazione errata della cosiddetta psicologia positiva può spingere le persone a rifuggire i sentimenti negativi andando sempre in cerca del “lato positivo”. D’altra parte è naturale: nessuno, a meno che non sia masochista, vorrebbe stare male. Tuttavia, come diceva Jung,”La parola felicità perderebbe il suo significato se non fosse bilanciata dalla tristezza”. Le emozioni negative non sono qualcosa da cui sfuggire a tutti i costi, anzi.
Secondo uno studio condotto presso la Colorado State University, paradossalmente provare ogni tanto sentimenti negativi favorisce il benessere psicologico. Lo studio a cui ci riferiamo è stato condotto su 365 persone che hanno avuto l’incarico di scrivere sei volte al giorno come si sentivano. I ricercatori hanno valutato i sentimenti “positivi” e “negativi” oltre ai dati sul livello di benessere e salute fisica dei partecipanti.
È emerso che il legame tra sentimenti negativi, mancanza di salute a livello fisico e diminuzione del senso di benessere era più debole nei partecipanti che riuscivano a trovare utili anche gli stati d’animo non positivi. In altre parole, chi considera l’utilità dei sentimenti negativi ha un miglior benessere fisico e mentale ed è più resiliente. Il risultato indica che non è tanto l’emozione negativa a giocare un ruolo quanto piuttosto il giudizio che diamo su di essa. Se rifiutiamo in blocco le emozioni negative, se le neghiamo e cerchiamo di schiacciarle, in qualche modo queste diventeranno più forti e acquisiranno un maggior potere su di noi. Se invece siamo in grado di comprendere che la tristezza può essere parte di una vita sana e normale, e che anzi ha un messaggio prezioso da darci, viviamo la nostra vita con maggiore serenità.
È importante riconoscere alla tristezza il suo valore adattivo. Essa infatti non è un’emozione spontanea ma si attiva in seguito a qualcosa che è accaduto nella nostra vita, ad esempio una perdita o una situazione che ci ha ferito emotivamente. La tristezza arriva per ricordarci cosa per noi è importante e per indurci a reclamare ciò di cui abbiamo bisogno, e in questo senso svolge una funzione utile per il nostro benessere.
Una ricerca dell’Università del Galles ha dimostrato che la tristezza è come un pulsante di pausa: ci incoraggia a disconnetterci dalla realtà per proteggerci e in questo senso ci invita al silenzio e alla riflessione su ciò che vogliamo veramente nella vita. La tristezza dunque ci aiuta a fare fronte alle avversità e a conoscerci meglio. Secondo uno studio dell’Università di Harvard la tristezza ci aiuta anche a connetterci con gli altri: per quanto di solito chi è triste tenda a isolarsi, quando le persone rilevano un’espressione sofferente sono più propense a offrire il loro ascolto e a dimostrare empatia. Insomma, la tristezza è un sentimento che ci aiuta ad approfondire il rapporto con noi stessi, ma è anche un collante sociale.
Secondo altre ricerche la tristezza migliora addirittura le performance del nostro cervello. È dimostrato che chi è triste riesce a ricordare meglio i dettagli rispetto a chi si trova in una condizione di felicità. Inoltre quando siamo felici rischiamo di prendere decisioni più avventate rispetto a quando siamo tristi e ciò rende la condizione di tristezza occasionale la migliore per prendere decisioni fondate.
È bene notare in conclusione che essere tristi è ben diverso dall’essere depressi. La depressione è una malattia, mentre la tristezza occasionale è un’emozione sana, non è né positiva né negativa ma solo normale. Per quanto contraddittorio possa sembrare, il miglior modo per smettere di essere tristi è abbracciare questo sentimento in modo consapevole, rendendoci conto della sua funzione fondamentale per la nostra vita e il nostro benessere.