Il burnout è una condizione di esaurimento fisico, emotivo e mentale causata da uno stress prolungato e cronico, spesso legato all’ambito lavorativo o a situazioni di responsabilità continua. Non è solo "essere stanchi", ma uno stato più profondo e debilitante che può compromettere il benessere generale e la capacità di affrontare le attività quotidiane.
I principali sintomi del burnout sono:
Prevenire il burnout è fondamentale per proteggere la salute psicologica e fisica del lavoratore, che può andare incontro a fenomeni di ansia, depressione, insonnia e quant’altro se non interviene per fronteggiare questo problema. Per riconoscere precocemente il burnout possiamo avvalerci di un modello in 12 fasi proposto da Herbert Freudenberger, che è stato anche il primo a riconoscere questo fenomeno nel 1974.
Ecco le 12 fasi che portano al burnout:
Spesso il primo stadio del burnout è un senso di onnipotenza legato al lavoro: ci si assumono più responsabilità di quelle che si riesce davvero a gestire e ci si lascia andare all’ambizione.
La seconda fase è uno stato di carico eccessivo, dove i confini tra lavoro e vita privata iniziano a diventare labili. La persona può finire per diventare workaholic, ossia dipendente dal lavoro.
Il superlavoro e le responsabilità portano a trascurare le proprie esigenze di base come mangiare, dormire, avere una vita sociale… si finisce per evitare le uscite serali, dormire troppo poco, trascurare l’attività fisica, saltare i pasti o mangiare davanti al computer.
Nella quarta fase inizia a emergere la stanchezza e con essa i primi problemi. Magari si finisce per arrivare in ritardo, per discutere con i colleghi o con il proprio partner, ma tutti questi problemi vengono nascosti sotto il tappeto per adattarsi alle esigenze del superlavoro.
Il superlavoro cambia le persone, che possono diventare più rigide e ciniche e relegare in secondo piano relazioni prima fondamentali nella loro vita.
In questa fase i problemi di prestazione e il disagio fisico iniziano a diventare evidenti, ma vengono negati. Si tende a incolpare gli altri di quello che non va senza rendersi conto di essere i responsabili di tale situazione.
In questa fase ci si distacca dalla famiglia, dagli amici e dal partner finendo quasi per vederli come un peso. Le persone che stanno scivolando sulla china del burnout iniziano a diventare sempre più sole, perché il lavoro risucchia tutte le loro energie e non lascia il tempo per le necessarie attività sociali.
La persona che sta andando in burnout potrebbe manifestare comportamenti insoliti come l’apatia o la paranoia (considerare avversarie le persone che stanno cercando di aiutarla). Potrebbe anche diventare più irritabile e reattiva.
In questa fase la gioia iniziale con cui si affrontava il mondo del lavoro è sparita e si inizia a percepire una sensazione inquietante: quella del distacco dal proprio corpo. Si ha l’impressione di essere semplicemente una macchina che deve funzionare e portare dei risultati.
La persona a questo punto si sente alienata e quindi prova un senso di vuoto esistenziale. In questa fase il lavoro smette di sembrare interessante, si inizia a rendersi conto che la propria vita sociale è distrutta e possono emergere attacchi di panico.
In questa penultima fase si può precipitare in uno stato simile alla depressione, con aneidonia, pensieri catastrofici, senso pervasivo di stanchezza, perdita dell’entusiasmo per la vita.
Dopo mesi o anni di lavoro troppo intenso si può arrivare all’ultima fase del burnout, un esaurimento totale che può richiedere attenzioni mediche. Lo stato di prostrazione è assoluto e somiglia allo spegnimento di un computer, dove iniziano depressione grave, incapacità di prendersi cura di sé, problemi cardiaci e altre condizioni fisiche.
Le fasi di Freudberger sono solo indicative: il percorso che porta al burnout non è uguale per tutti. Alcune persone possono saltare delle fasi, viverne due contemporaneamente o tornare indietro a una fase precedente. Quello che conta è memorizzare i segnali principali in modo da poterli cogliere con buon anticipo, per non rischiare di arrivare alle pericolose ultime fasi.