Chi di noi non possiede un cellulare? Tanti hanno l’abitudine di interagirci continuamente: questo avviene non solo quando, per esempio, siamo soli e annoiati, controlliamo i social o navighiamo sul web, ma anche quando siamo immersi in relazioni sociali, in famiglia, con i colleghi, tra amici e in coppia. Gli studiosi non hanno tardato ad analizzare il fenomeno e una nuova ricerca, condotta da un’équipe di psicologi dell’Università del Kent, ne ha confermato le prevedibili implicazioni negative: il phubbing andrebbe a peggiorare in maniera significativa la comunicazione e la relazione tra persone.
Gli autori dello studio hanno caratterizzato il phubbing come una vera e propria «forma di esclusione sociale», capace, quando lo si subisce, di «minacciare alcuni bisogni umani fondamentali, come l’appartenenza, l’autostima, il senso di realizzazione e il controllo». La speranza è quella che, conoscendo quanto disagio possa suscitare questo comportamento, le persone si impegnino il più possibile per “stare” nelle relazioni che stanno vivendo e, se proprio devono rispondere a una chiamata o a un messaggio, dedichino a tali interruzioni il più breve tempo possibile.
Se da un lato è vero che la tecnologia, i cellulari e i tablet sono ormai essenziali per molte attività che ogni giorno dobbiamo svolgere - lavoro, aggiornamenti, relazioni sociali a distanza (soprattutto in tempi di lockdown) e molto altro, è altrettanto inutile nascondere come questi oggetti abbiano provocato anche nuovi problemi come, appunto, un forte cambiamento nei rapporti sociali. Per molti studiosi, un deciso peggioramento. Siamo, infatti, spesso distratti dal cellulare anche se siamo con i nostri cari, o addirittura con i nostri figli. In particolare, è stata trovata una correlazione tra le persone che sono eccessivamente attaccate allo smartphone e i sintomi di ansia e stress, sebbene questa non sia necessariamente una relazione causa-effetto.
Paolo Lanciani, psicologo del lavoro che si occupa di coaching in aziende italiane e straniere, utilizza una metafora forte e chiara per descrivere la relazione persona-smartphone: "Lo smartphone non è buono o cattivo in sé ma dipende dall'uso che se ne fa: come un coltello può essere usato per tagliare del pane o per tagliarsi le vene!". Nella nostra vita abbiamo a disposizione svariati strumenti che possono aiutarci oppure farci del male, possono ottimizzare i tempi oppure dilatarli, tutto dipende dall'uso che ne facciamo. Le App di messaggistica istantanea e la velocità di connessione in cui siamo immersi, ci porta ad essere impazienti quando abbiamo inviato un messaggio, perché vogliamo subito la risposta, non tenendo conto dei tempi dell’altro.
Lo psicologo Elias Aboujaoude, professore della Standford Univerity, autore del libro Virtually you, sottolinea come oggi vada sempre più sviluppandosi un'impazienza sempre più forte nel mondo offline, dovuto all'impazienza cui il web ci ha abituati. Se quando invii un messaggio su una chat vuoi ottenere velocemente una risposta, lo stesso senso di urgenza ti si presenta quando sei in fila alla cassa del supermercato e non ti va di aspettare.
L'aspettativa ci porta al secondo problema, ovvero il continuo controllo che non è dovuto allo smartphone in sé quanto al proprio atteggiamento nei suoi confronti (come con il coltello insomma). Il fenomeno è paragonabile a quello della slot machine: al casinò tiro la leva per vedere se vinco, con lo smartphone clicco sull'icona della notifica per vedere chi mi ha scritto. In entrambi i casi il meccanismo che ci tiene lì è il cosiddetto rinforzo intermittente, concetto profondamente studiato da B.F. Skinner dagli anni '40. Skinner parla di condizionamento operante con rinforzo a rapporto variabile: una certa azione (tirare la leva o cliccare l'icona della notifica) verrà maggiormente compiuta quando il rinforzo (vincita o messaggio arrivato) avverrà in modo casuale e non costante.
Cosa fare per gestire l'istinto di controllare sempre lo smartphone?
Innanzitutto, praticare una forma di autoeducazione all'uso dello smartphone. Quando sono in metro e sento il suono di una notifica posso scegliere come reagire: rimettere il telefono in tasca, leggere e dare una risposta al volo oppure esaustiva. Il fatto che io debba rispondere esaustivamente in quel dato momento è spesso inversamente proporzionale all'importanza dell'argomento. Sono questioni che ognuno deve valutare al momento e prendere una decisione.
Per stabilire come reagire ad uno stimolo che ci arriva (notifica, chiamata o altro) la matrice di Eisenhower- generale e presidente statunitense negli anni 50- potrebbe essere utile; essa ci permette la gestione delle priorità attraverso la valutazione delle attività secondo quattro criteri per massimizzare la produttività personale e aziendale.
Secondo questo schema, ogni attività nella propria vita può essere collocata in uno dei quattro quadranti, a seconda del livello di importanza e urgenza che gli attribuiamo.
l principio urgente / importante di Eisenhower aiuta a identificare rapidamente le attività su cui dovresti concentrarti, così come quelle che dovresti ignorare. Quindi pianificare attività e attività in base alla loro importanza e urgenza.
Un altro atteggiamento utile è quello di liberare la mente, creando uno spazio in cui non pensi alla possibile risposta che attendi o ad eventuali notifiche, ma ti dai un momento in cui controllerai tutto. Questo aiuta a concentrarsi su ciò che stai facendo, diminuire la distrazione ed evitare di prendere in mano il telefono ogni cinque minuti per controllare. Come funziona? Semplicemente dandosi dei tempi durante la giornata in cui controlli la mail, rispondi o guardi le notifiche e pianifichi e organizzi il tempo che dedichi alle singole attività nella vita.
Mai dire “non posso”, ricordandosi di non cadere nelle trappole del loop ludico. Avete presente quando ci proponiamo di dare solo un’occhiatina veloce al telefono e invece passa un’ora? No, non è il tempo che vola. È che prima controlliamo l’e-mail, poi una chat, poi di nuovo e-mail, perché “potrebbe esserci qualcosa di nuovo”. I ricercatori lo chiamano loop ludico ed è proprio quello che le slot machine riproducono per creare dipendenza. Niente ci fermerà finché qualcosa non ci scuote.
Come uscirne? Imponendoci una regola ferrea: “ora controllerò il telefono solo per 15 minuti”, ci mettiamo una sveglia e - quando suona - mettiamo via tutto con decisione.
Perché dovrebbe funzionare? Perché sentiamo di avere il controllo sul nostro tempo e sulle nostre ossessioni, quindi ci sentiamo fieri di noi stessi.
Eliminare un comportamento consolidato è difficilissimo, sostituirlo, invece, è molto più semplice. Quando ci sediamo sul divano facciamo in modo che il telefono sia dall’altra parte della stanza, ma teniamoci vicino un libro. Se moriamo dalla voglia di guardare le notifiche, prendiamo piuttosto il libro e iniziamo a leggerlo per distrarci. Ci sentiamo bene perché facciamo qualcosa di buono al posto di qualcosa di dannoso.
Disintossicarci dallo smartphone ci ha insegnato quanto sia faticoso uscire dalle dipendenze e tenere a bada le crisi di astinenza: ora dobbiamo stare sempre all’erta per evitare di ricascarci. Cerchiamo di non cedere mai e portiamo avanti tutte le conquiste ottenute, assaporando ogni attimo della dolce vita offline!