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    La rappresentazione del nudo maschile nell'arte
    Le mostre sul nudo maschile non sono frequenti ma immancabilmente suscitano polemiche e censure, come la "Nackte Männer" (Uomini nudi), svolta al Leopold Museum di Vienna - Cento artisti, trecento opere memorabili per un'esposizione che ripercorre puntigliosamente il suddetto tema, dal 1800 a oggi.

    Ai nostri giorni, il nudo evoca soprattutto il corpo femminile, retaggio questo di un secolo, il XIX, che aveva elevato il corpo della donna a oggetto assoluto e indiscusso del desiderio maschile.

    In realtà, nell'antichità il corpo femminile era meno valorizzato rispetto al suo omologo maschile, più strutturato e muscoloso. Sin dal Rinascimento, il corpo  dell'uomo aveva goduto, infatti, di una certa supremazia, assurto a modello dell'intero genere umano, come era già avvenuto nel caso dell'arte greco-romana.

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    Il nudo maschile nell’arte si era precedentemente affermato in Grecia, attorno all’VIII secolo a.C., quando viene a soppiantare le giunoniche divinità femminili, simbolo di fecondità, frequenti nelle civiltà più antiche.  Già nell’Olimpo si viene a creare un contrasto tra la rappresentazione degli dei, completamente nudi e le dee, rigorosamente vestite. La personalizzazione delle divinità fa emergere lo splendore di esaltanti nudità, basti pensare ai celeberrimi Bronzi di Riace, ma anche ad illustri architetture come l’Apollo del frontone occidentale del tempio di Zeus, ad Olimpia. Dopo Mirone, famoso per il suo Discobolo e Policleto, autore del Doriforo, saranno Prassitele e Lisippo ad infondere ai loro nudi quella carica di corporea sensualità tale da indurre nell'osservatore uno sguardo carico di desiderio.

    Il mito della bellezza di questi atletici corpi nudi ha goduto nei secoli successivi di un lusinghiero successo, non solo nel Rinascimento, ma anche in epoche recenti. Il mondo romano replicherà con minore energia gli esemplari greci e fornirà un contributo originale al tema nelle enfatiche esaltazioni del mito fallico, come si può ammirare visitando gli Scavi di Pompei o quel raffinato gioiello di sottile erotismo, costituito dal Gabinetto segreto del museo Archeologico di Napoli.

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    Con la caduta dell'Impero Romano si afferma, nell'arte, un’idea del corpo agli antipodi di quella che era stata la gioiosa visione dei greci, intesa come glorificazione della vita, della bellezza e della perfezione e nelle quali il nudo era la regola, così come per gli atleti che partecipavano ai giochi olimpici, liberi dall’impaccio degli indumenti.

    Durante il medioevo, il Cristianesimo si attenne rigorosamente al divieto di raffigurare le nudità sia dell'uomo che della donna, con l'unica eccezione del racconto della Genesi, che vede Adamo ed Eva nudi, cacciati dal Paradiso terrestre. Sarà per secoli il trionfo della foglia di fico, posta a ricoprire con verecondia gli attributi sessuali. Una morale sessuofobica che verrà riproposta nel dopoguerra, quando le autorità imbriglieranno “le vergogne” delle statue degli atleti che decorano, nella capitale, lo Stadio dei Marmi al Foro italico, voluto da Mussolini per esaltare i fasti della nuova Roma.

    Tra le poche espressioni artistiche che riuscirono a superare il filtro censorio delle autorità ecclesiastiche durante i secoli bui, un posto di rilievo è occupato dalle scene raffiguranti Adamo ed Eva insieme ad alcune rappresentazioni del Battesimo del Cristo. Tra tutti, meritano di essere citati un mosaico presente nella cupola del Battistero della Cattedrale di Ravenna, risalente al V-VI secolo, nel quale il Salvatore, giovane e completamente nudo, è immerso nelle acque del Giordano, ed un ciclo di affreschi quattrocenteschi, a Lauro di Nola, tra cui spicca una scena del Battesimo di Cristo con un’iconografia assolutamente rara che lascia esterrefatti, perché il Figlio di Dio è raffigurato completamente nudo, in età adulta.

    Si tratta di un fatto del tutto eccezionale perché qualsiasi artista impegnato a ritrarre l’episodio del battesimo del Redentore era stato costretto, sino ad allora, a utilizzare alcuni artifizi tecnici, quali l'intorbidimento delle acque del Giordano, la presenza di un manto oppure una pudica mano calata a ricoprire le“vergogne”.

    Bisognerà attendere il David di Donatello, eseguito intorno al 1430, per intravedere nuovamente un nudo maschile integrale, non più muscoloso e possente, come nella statuaria ellenistica, bensì nelle forme rarefatte di un attraente adolescente.
    Un vero e proprio ritorno del nudo classico, esposto senza falsi pudori  e con un’aura di ardore carnale ci sarà solo con Michelangelo, nel suo Giudizio Universale, rappresentato da quel focoso viluppo di corpi nudi sui quali poco poté l'intervento di Daniele da Volterra, incaricato di stemperare la sfrontatezza emanata da quei muscoli tesi in uno spasmo di sconfinata energia erotica.

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    Dal XVII secolo, si afferma una tendenza a rappresentare il nudo in maniera più oggettiva possibile, perché l'uomo è considerato l'archetipo del canone umano. Il nudo maschile classico perde infatti il suo fascino e si limita a raffigurare, fino a tutto l'Ottocento, la sua struttura anatomica e realistica, anche grazie all'avvento della fotografia. 

    Nonostante gli sconvolgimenti, le reinterpretazioni e i rinnovamenti che subisce a causa delle avanguardie del Novecento, il corpo maschile riemerge negli ambienti accademici. Ciò spiega l'onnipresenza della figura dell'eroe, soprattutto nei soggetti assegnati ai candidati del Prix de Rome, dove la grande pittura di storia si nutre delle imprese dei super uomini dai fisici praticamente perfetti e portatori di valori nobili e universali. L'eroismo non è solo uno stato ma un modo di essere, che rivela una forza di carattere fuori dal comune: se la forza di Ercole è indissolubilmente legata alle sue imprese, l'astuzia di Davide consente a quest'ultimo di sconfiggere il gigante Golia. In entrambi i casi, i due eroi sono dotati di una forza guerriera molto apprezzata da un secolo come il XIX, assetato di virilità e di successi patriottici: questo è, più che mai, l'ideale da raggiungere.

    La nudità maschile assume un significato diverso man mano che la società subisce le trasformazioni del progresso tecnico e dell'urbanizzazione. L'uomo va allora alla ricerca di una comunione con la natura, in grado di riconciliarlo con gli eccessi e lo sradicamento provocati dal mondo moderno, adattandosi alle teorie igieniste che raccomandano l'esercizio fisico e la vita all'aria aperta. Questa dimensione filosofica, che ispira pittori come Hodler e Munch, era già presente nel dipinto Giovane in riva al mare di Flandrin, la cui perfezione delle forme crea un'armonia tra il corpo e la riva. 

    Nella metà del Novecento, però, con la liberalizzazione dei costumi, il corpo maschile si ricarica di quello sguardo colmo di desiderio, portando alla nascita di opere definite per lo più spregiudicate.  In un contesto simile, Paul Cadmus non esita, nell'America già puritana del secondo dopoguerra, a scegliere, come soggetto della sua opera, una scena di seduzione tra uomini in una Finistère a dir poco improbabile. L'attrazione fisica dei corpi, restata a lungo confinata nel segreto della propria casa, si palesa ora in modo sempre più evidente nei luoghi di socializzazione, specie maschili.

    L'erotismo diventa molto spinto in Cocteau che ha esercitato un notevole influsso sul Warhol nel periodo della sua gioventù. La bellezza e la seduzione si sbarazzano allora dell'ideale trasmesso dai riferimenti del passato per ancorarsi nei particolarismi delle abitudini e della cultura contemporanea che Hockney, nella sua pittura, ha saputo così sapientemente interpretare. La liberazione delle pratiche sessuali afferma a gran voce una forte voluttà e investe, spesso con poche riserve, di una carica sessuale il corpo maschile, come in Pierre e Gilles, in cui ha luogo una commistione tra mitologia e ritratto contemporanee.

    Ad ogni modo, che si tratti di una star o di uno stilista come Yves Saint-Laurent, o addirittura dei giovani uomini delle strade di Harlem dipinti dal pittore americano Kehinde Wiley, si assiste al perdurare del potere evocativo della nudità.

    Rimarrà, tuttavia, fino ai nostri giorni, un anacronistico rifiuto collettivo verso la raffigurazione integrale del corpo maschile a differenza di quello femminile, adoperato ossessivamente per la pubblicità di qualsiasi prodotto commerciale.

    Unici alfieri di una diversa interpretazione del comune senso del pudore resteranno esponenti di un’arte dichiaratamente omosessuale come Hockney, Mapplethorpe e i già citati Pierre et Gilles.

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     Commenti (2)
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    1. prefo, Poggibonsi (Toscana)
      ma donne normali cisono ancora in questo mondo ...
    2. novellas4, Aosta (Valle d'Aosta)
      Questo è l'unico articolo che ho trovato noioso... Scusate la sincerità... Ma l'ho finito di leggere perché me lo sono imposto... Ps... La prossima volta più coinvolgimento...
    Grazie per aver immmesso il tuo commento!
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