Nel 2021 il regista Wes Anderson è tornato a far parlare di sé con il bel film The French Dispatch. Ma la sua è stata una lunga carriera, nel corso della quale ha costruito un linguaggio cinematografico davvero personale. Ecco quattro tra i suoi film più rappresentativi, con gli elementi che concorrono a creare il suo stile unico!
Questo film, uscito nelle sale vent’anni prima di The French Dispatch (è del 2001) ha fatto conoscere al grande pubblico l’immaginario coloratissimo e surreale del regista statunitense. Il film è stato premiato ai Golden Globe e candidato all’Oscar e per molti è il manifesto di Anderson. La storia è quella di una famiglia molto ricca ma altrettanto piena di problemi nella quale i figli, ex enfant prodige, crescono tra fantasie incestuose, depressione, incidenti vari e fissazioni assurde. In questo film emergono tante delle caratteristiche più riuscite delle regie di Anderson: le inquadrature strette e precise, l’ironia graffiante, le colonne sonore ben scelte e, soprattutto, gli immancabili colori pastello che dominano i costumi e le scenografie.
In questo film del 2012 Wes Anderson dà sfogo fino in fondo alla sua vena romantica narrando la storia di due preadolescenti degli anni ‘60 e del loro affacciarsi all’amore. Il tono generale è sempre ironico, eppure affiorano temi importanti e già frequentati precedentemente dal regista come lo scontro generazionale. Lo stile è sempre quello cui ci siamo affezionati: palette cromatiche ben precise, inquadrature sempre più strette e posizioni degli attori sempre più teatrali, ottime musiche e il giusto carico di malinconiche risate.
Questo film del 2014 è uno dei più famosi e dei più divertenti di Anderson: si è aggiudicato meritatamente quattro premi Oscar, un Nastro d’Argento e un premio ai David di Donatello, oltre a diversi altri premi della critica e del pubblico in festival internazionali. Per chi non conosce il regista, questo è davvero un ottimo film da cui partire per conoscere il suo stile: i colori pastello, rosa e azzurro, dominano la scena, animata da attori eccezionali che sono per Anderson delle vere e proprie muse (e infatti ritornano, in diversi ruoli, nella maggior parte dei suoi film); le inquadrature precise e tagliate al millimetro sono in grado di aumentare la temperatura del film e di suscitare immancabili risate; la vicenda è come al solito bislacca e non manca di elementi puramente comici ma anche di dettagli pruriginosi… insomma, Grand Budapest Hotel è un film d’autore ma anche pop, una pellicola da vedere e rivedere.
Veniamo infine all’ultimo film di Anderson, uscito nelle sale lo scorso novembre. Secondo molti fan, il nuovo film rientra a pieno titolo tra le migliori opere del regista. Le mini-storie ambientate in una cittadina della provincia francese si aprono e si chiudono sfogliando le pagine di una immaginaria rivista (The French Dispatch, appunto) e sono come al solito assurde, divertenti, problematiche, emozionanti, rigorosamente “in tinta”. Lo stile unico di Wes Anderson, che da un ventennio almeno il suo pubblico segue e ama, si esprime così per l’ennesima volta in modo vecchio ma nuovo, senza deludere mai.
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