Prima di addentrarci nella particolare forma di manipolazione psicologica costituita dalla “fallacia delle molte domande” è importante conoscere che cosa designiamo con il termine “fallacia”. Questa parola si utilizza nel campo della logica e identifica, in linea generale, un ragionamento scorretto.
Come scrive l’esperto Irving Copi nel suo manuale di introduzione alla logica, alcuni ragionamenti sono così palesemente erronei da poter essere smascherati senza problemi. Si preferisce usare il termine “fallacia” non tanto per questi assunti evidentemente strambi ma piuttosto per quelli che, pur sbagliati, suscitano in chi li ascolta l’impressione di essere giusti. La fallacia sarebbe, in questo modo, una trappola nella quale non è difficile cadere.
Cosa ha a che fare questo con le tecniche manipolatorie a sfondo psicologico? Molto, come vedremo. Un manipolatore, infatti, cercherà sempre di far cadere l’altra persona nella confusione e nel disorientamento e le fallacie, ovverosia i ragionamenti erronei che appaiono a prima vista veri, sono uno dei suoi strumenti di elezione.
Uno dei modi principali con cui un manipolatore è in grado di ottenere l’ultima parola sulla “vittima” non consiste nel gettare accuse dirette, ma nel porre domande tendenziose. Quando si pone una domanda, in generale ci si pone al riparo: infatti, chi deve rispondere viene investito del cento per cento della responsabilità, mentre raramente si va a indagare sulla buonafede di chi ha posto la domanda.
Avete presente i film a sfondo giuridico nei quali, durante i processi, molte domande tendenziose e indirettamente accusatorie vengono respinte dal giudice? Questo nella vita di tutti i giorni non accade spesso, eppure la fallacia dei manipolatori funziona proprio così. Facciamo un esempio. Chiedere a una persona: “tradisci ancora il tuo partner? Rispondi sì o no” dà per scontato e sottinteso un assunto falso o almeno non dimostrato, quando non è certo che la persona tradisca il proprio partner.
Una persona che non abbia mai tradito il proprio partner, messa di fronte a una domanda simile, potrebbe cadere nella trappola ponendosi sulla difensiva e dando una serie di spiegazioni per chiarire la sua posizione, senza però mettere in dubbio la validità della domanda e di chi la fa. L’affastellarsi di spiegazioni potrebbe indurre chi ascoltasse la conversazione a mettere in dubbio la buonafede di chi sta rispondendo, il quale potrebbe perdere di credibilità.
Questa situazione che abbiamo presentato in modo schematico e semplificato è in realtà piuttosto ricorrente nei legami umani tossici e per questo bisogna prestare attenzione al tipo di domande che riceviamo, imparando a difenderci senza cadere nella trappola.
Anche se la fallacia delle domande è molto più frequente in politica, in televisione e nel giornalismo e viene utilizzata per screditare gli avversari o creare scoop, anche i manipolatori sentimentali potrebbero avvalersi istintivamente di quest’arma per ridicolizzarvi o spingervi a dar loro ragione. Non è sempre vero, dunque, che le domande sono innocenti.
Come difendersi? Ribattere a una domanda tendenziosa con un’altra domanda potrebbe essere una strategia vincente; normalmente, il rifiuto a rispondere è visto come un’ammissione di colpa, al pari dell’arrampicarsi sugli specchi per difendersi; dunque, il modo migliore per replicare a una fallacia è dimostrare l’infondatezza delle affermazioni altrui, non la loro falsità.
Sempre schematizzando, alla domanda: “tradisci ancora il tuo partner?” sarebbe corretto rispondere: “cosa ti fa pensare che io lo abbia mai tradito?”.
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