Qualche giorno fa, mentre scorrevo tranquillamente la mia bacheca Facebook, ho trovato un articolo dal titolo piuttosto scioccante: “Un contadino medioevale lavorava meno di noi”. Ho letto e controllato varie fonti e ho scoperto che sì, è proprio vero: secoli fa i giorni festivi erano molti più dei nostri e anche l’orario di lavoro, in diversi periodi dell’anno, era più ristretto. Venire a scoprire tutto questo mentre mi accingevo ad affrontare in un articolo il tema della fatica nella vita moderna è stato quantomeno curioso.
La fatica è qualcosa di complesso, multifattoriale: non sempre deriva da un carico di lavoro eccessivo ma può dipendere anche da malattie fisiche o mentali, o semplicemente da un momento di “down” dovuto a una delusione sentimentale. Ma è incontestabile che, se lavoriamo meno dei poveri operai ritratti da Dickens nei suoi romanzi, lavoriamo anche più dei contadini medioevali: probabilmente troppo, se teniamo conto che tutte le tecnologie odierne avrebbero dovuto (almeno nelle promesse) dimezzare il nostro carico di fatica.
A ben pensare, però, anche le tecnologie stesse sono una componente non trascurabile della fatica spesso cronica degli uomini e delle donne del ventunesimo secolo. I display che fissiamo continuamente, magari per rilassarci durante o dopo una lunga giornata, hanno un effetto negativo sul sonno. Secondo la prestigiosa rivista Science, infatti, la luce blu degli schermi interferisce profondamente sul nostro ritmo circadiano, con il risultato che noi oggi dormiamo in media due ore in meno rispetto a quarant’anni fa: è la cosiddetta “insonnia tecnologica”. E se sommiamo la cattiva qualità del sonno notturno alla vita frenetica del giorno, ecco che non è difficile cadere vittime di una sensazione di profonda fatica.
Quali sono gli effetti della fatica cronica, quella cioè che non si riesce mai a recuperare? Prima di tutto, un calo di produttività sul lavoro (e va be’) ma anche conseguenze mentali da non sottovalutare come stress, isolamento sociale, depressione, ansia, per non parlare di molti incidenti stradali dovuti a distrazione o a colpi di sonno. Diventa allora importante imparare a gestire il proprio carico di fatica, sapendosi concedere il giusto riposo quando serve. Il mantra deve essere che “vivere (non sopravvivere) è la cosa più importante di tutte. Sì, anche del lavoro”.
Anche qualche accorgimento di tipo pratico può venirci in aiuto. Il caffè e il tabacco, vere e proprie dipendenze della modernità con il loro potere eccitante, in realtà sono di poco aiuto quando si è davvero affaticati: invece idratarsi bene assumendo molta acqua e fare un breve sonnellino da venti minuti quando possibile sono soluzioni molto più efficaci. L’alimentazione di ogni giorno dovrebbe prevedere un surplus di vitamine nei periodi in cui sentiamo maggiormente la fatica, per dar modo al cervello di funzionare al meglio: il potere energetico dei carboidrati da solo non basta, ma deve essere ben bilanciato. Infine, sforzarsi di lasciare il telefono fuori della camera da letto o inserire quantomeno la modalità notturna qualche ora prima di dormire può essere un aiuto per addormentarsi prima e meglio.
In ogni caso, il vero modo di combattere la fatica cronica è valorizzare se stessi, ascoltarsi e saper dire di no quando non ce la facciamo, di qualunque cosa si tratti.