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    Superare un torto subito
    Anche se superare un torto giungendo al perdono o almeno al distacco è difficile, non farlo costituisce una inutile dissipazione delle nostre energie mentali.

    L’esperienza di un torto subito raramente si ferma al disagio provocato direttamente da esso: un torto, specialmente se “maldigerito”, provoca infatti una varietà di emozioni anche contrastanti le quali continuano ad agire su di noi anche molto tempo dopo l’episodio scatenante. 

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    In effetti, subire un danno deliberato da parte degli altri è un’esperienza che impatta profondamente sulla psiche. La percezione del torto è estremamente soggettiva, così come soggettivi sono i tempi di ripresa e anche l’inclinazione a perdonare. 

    Quando un torto è pesante o la persona che subisce è per diversi motivi impedita a superarlo, vediamo una incredibile dissipazione delle energie mentali: è proprio attraverso la rimuginazione dell’offesa subita che l’episodio si amplifica andando a toccare molti aspetti della vita personale e replicando la potenza della sua azione nel tempo. 

    Come superare un torto? Secondo la psicologia, la vendetta reale o metaforica ha davvero poco a che fare con l’effettiva riparazione della rottura. 

    Siamo noi a scegliere in che misura vogliamo restare aggrappati ai torti subiti e siamo noi a scegliere se siamo disposti a superarli o vogliamo continuare a lasciarci tormentare dal trauma: questo assunto, per quanto duro, cela una profonda verità. 

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    D’altra parte anche alcune religioni, come quella cristiana, tengono in gran conto l’azione del perdono e indirizzano i loro fedeli a praticarlo: non tanto e non solo per questioni morali, ma perché vedono il perdono come balsamo per l’anima e come collante sociale. La religione in questo caso ha scoperto, secoli prima della nascita della psicologia, una legge realmente operante nella psiche umana: perdonare i torti permette di guarire le ferite interiori, non farlo peggiora il dolore. 

    Un antico aforisma attribuito a Buddha dice: “non dovremmo perdonare perché gli altri lo meritano ma perché noi meritiamo la pace”. La permanenza del tema del perdono in religioni lontanissime come quella cristiana e buddista è significativa: siamo di fronte a un tema universalmente umano. 

    A differenza della religione che invita al perdono (cosa che sappiamo essere risolutiva ma assai difficile nella pratica), la psicologia si sforza di invitare almeno al cosiddetto distacco. Il distacco è il processo con il quale smettiamo, attraverso un’attivazione delle risorse interiori, di accusare il mondo per il male che ci ha fatto e recuperiamo la responsabilità delle nostre azioni. 

    Infatti, molte persone che restano ancorate a un torto subito lo fanno perché trovano in esso una sorta di comfort zone, dalla quale sono autorizzate a incolpare gli altri mettendosi in una posizione di credito nei loro confronti. Se il mondo funzionasse come vogliamo noi, chi ci ha offeso dovrebbe avvicinarsi a noi e riparare al dolore che ci ha provocato: ma poiché spesso non è così, la posizione di stasi che l’ancoraggio al dolore comporta può trasformarsi in una vera gabbia. 

    Praticare il distacco o giungere al perdono non è un processo pacifico. Jung diceva che l’accettazione include la consapevolezza di poter superare un momento difficile, pur nella coscienza di non poter risolvere determinati problemi o di non poter correggere ciò che è andato storto. 

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    Per giungere a questo risultato occorrono molto tempo, molta volontà e, soprattutto, una dose sufficiente di amor proprio: perché chi ama se stesso non si permette di rimanere fermo nel dolore ma cerca attivamente un modo per ribaltare a proprio favore anche le esperienze negative.

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     Commenti (1)
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    1. ricdick963, Firenze (Toscana)
      Bello articolo, seppur letto tra i tanti banali (grosso errore di Nirvam pubblicarne 1 ogni giorno). Tendo sempre per la "vendetta", ma ora qualche motivo di riflessione in più è passato.
    Grazie per aver immmesso il tuo commento!
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