La psicologa Melanie Schilling, in un’intervista a Odunitamente Mail, ha espresso un nuovo concetto sul tradimento nell’era dei Social Network, un insieme di azioni che ha chiamato “microinfedeltà”.
Di che si tratta? Di un comportamento assai diffuso ma, forse, mai letto nella sua complessità: il modo con cui una persona, pur impegnata, si impegna in flirt nascosti via internet, pur non giungendo mai alle azioni tipiche di ciò che chiamiamo tradimento. Il contatto con una terza persona al di fuori della coppia, tenuto accuratamente nascosto al partner, si gioca più sul piano emotivo che su quello fisico.
Ecco, per chiarirci meglio, alcuni esempi catalogabili come microinfedeltà:
Nel 2018, in Italia, è stato condotto il primo sondaggio sulla microinfedeltà, che ha coinvolto quasi 7000 persone. Una percentuale variabile tra il 24% e l’88% degli intervistati, interpellato sugli esempi che abbiamo appena fatto, li ha catalogati come una vera e propria forma di tradimento.
Certo, spedire foto esplicite ad altre persone pur essendo impegnati è un’azione “forte” che mette d’accordo molti, mentre su altri atteggiamenti la reazione non è univoca. E d’altra parte, prima di accusare un partner di tradimento, è necessario pensarci su più di una volta. Al di là di quanto sia grave la microinfedeltà (dalla sua gradazione più innocente a quella più colpevole) ciò che conta è che la complicità della coppia è a rischio.
Una filosofia purtroppo molto comune suggerisce di mantenere aperta una molteplicità di canali potenzialmente erotici, che si sia single oppure impegnati. Questo inconscio cercare di sfruttare ogni possibilità, però, si dimostra negativo per la coppia attentando alla sua felicità. Viviamo in un’epoca in cui l’amore esclusivo fa sempre più paura e in cui mantenere aperte le porte per una possibile fuga sembra essere vitale: ma serve davvero tutto ciò?
La vita in coppia si è trasformata, per molti, in uno status comodo e allo stesso tempo non pienamente voluto, in una soluzione dichiaratamente temporanea e provvisoria, in qualcosa di pericoloso da maneggiare con ansia temendo di danneggiarsi a ogni piè sospinto. La microinfedeltà rappresenta allora, in modo conscio o no, un tentativo di sentirsi più al sicuro, di adocchiare le porte antincendio pronti a gettarvisi al primo allarme. Serve? Non serve.
In un mondo in cui siamo bombardati da messaggi audio e video continui e da stimoli sensoriali sempre più forti, darci la possibilità di stare completamente dentro qualcosa – che sia un compito lavorativo, un hobby, una relazione – senza indurci la distrazione che ci sembra necessaria è una vera e propria rivoluzione.