Quando qualcuno compie un’azione che ti danneggia o semplicemente ci dà fastidio, il modo più immediato che hai per comunicare con lui passa attraverso i cosiddetti “messaggi Tu”. Degli esempi?
Questo tipo di comunicazione, in qualche modo spontanea, non è la migliore. Pensa se qualcuno rivolgesse a te una di queste frasi: probabilmente ti irriteresti, mettendoti sulla difensiva o rispondendo a tono. Al netto della varietà delle possibili reazioni, questo tipo di messaggi accusanti apre facilmente le porte a una discussione o a un litigio.
La tecnica del “messaggio Io” può invece portare chi esprime il proprio disagio o fastidio per i comportamenti altrui a generare una comunicazione assertiva che possa portare a soluzioni concrete e dia meno facilmente adito a litigi.
Questa tecnica di comunicazione è stata esposta per la prima volta in un saggio dello psicologo Thomas Gordon nel 1970. L’autore l’ha approntata cercando di rispondere alle esigenze educative dei genitori nei confronti dei figli: l’urgenza era riuscire a trasmettere dei messaggi importanti senza passare per l’accusa o il senso di colpa.
La tecnica del “messaggio Io” è estremamente semplice. Si tratta di focalizzarsi, nella comunicazione, non tanto sulle azioni altrui quanto sulla propria reazione ad esse. Facciamo un esempio: se una persona che stavamo aspettando è molto in ritardo, anziché dirle: “hai fatto tardissimo” possiamo provare a dire: “mi sono sentito a disagio ad aspettarti così a lungo”.
In realtà, il modo migliore in assoluto per utilizzare il “messaggio Io” senza rischiare la deriva opposta, ossia quella etichettabile come passivo-aggressiva, è puntare meno sui sentimenti e più sulle esigenze. Così, se una persona è in ritardo, si può mandarle un messaggio in cui si scrive: “quando arriverai? Devo proprio arrivare in tempo nel posto X…”. Puntando sulle esigenze pratiche, laddove possibile, si mette il focus su qualcosa percepito come più oggettivo e quindi si rischia meno di offendere, responsabilizzando allo stesso tempo l’interlocutore.
Per messaggi più complessi, si può utilizzare la cosiddetta frase ternaria, che permette di raggiungere una maggiore completezza nella comunicazione. Vediamo, in schema, come funziona:
Un esempio può essere: “quando tu arrivi tardi, accade che mi trovo a dover fare le corse per star dietro agli altri impegni della mia giornata e io mi sento stressato per questo”.
Il concetto che sta alla base della teoria dei “messaggi Io” prevede che chi parla si assuma la responsabilità di ciò che sente, acconsentendo eventualmente a discuterne. L’accusa pura e semplice, o il consueto “messaggio Tu”, scarica invece l’intera responsabilità sull’altro.
Facciamo un altro esempio: come si può trasformare la frase “sei insopportabile” secondo la tecnica che abbiamo esposto? Può diventare, ad esempio, “Quando sembri irritato e alzi la voce, io non riesco più a reagire e mi sento umiliato”.
Insomma, la tecnica del “messaggio Io” può non solo smorzare la carica di aggressività presente nel discorso, ma anche fornire spunti pratici su cui lavorare per risolvere le controversie. Non è un caso che, da più di cinquant’anni, questa tecnica sia il pilastro dell’assertività, ossia la disciplina del buon comunicare.