Work-life balance è una locuzione che ritorna sempre più spesso nel dibattito legato al mondo del lavoro e della salute. Si intende con questo termine la conquista della giusta armonia tra le esigenze della vita personale e il tempo passato a lavorare.
Bilanciare tempo libero e lavoro in modo efficace è una idea centrale non solo nelle aspettative dei lavoratori, non solo nei consigli direttivi delle aziende, ma anche nelle agende dei governi: fanno scuola i paesi scandinavi, dove negli anni il "tempo pieno" lavorativo diventa sempre più breve e il diritto delle persone a vivere la propria vita sempre più importante.
Da qualche anno infatti, paesi come la Svezia e l'Olanda stanno sperimentando giornate lavorative più brevi, di sei ore anziché otto, con la convinzione che la produttività possa restare la stessa e che in compenso la vita personale dei lavoratori possa migliorare. Sempre dalla Svezia arriva la proposta, lanciata da Per-Erik Muskos, di una "pausa per le coccole", cioè un'ora al giorno (pagata) per poter allungare la pausa pranzo lasciando un po' di tempo alle persone per stare in intimità con chi amano.
In Italia siamo ancora lontanissimi dal conquistare un sano equilibrio tra lavoro e vita privata. Secondo un questionario condotto da Randstand, più della metà degli intervistati dichiara di non riuscire a "staccare" completamente dal lavoro nemmeno in ferie. Il 71% dei lavoratori italiani che svolgono un mestiere d'ufficio dichiara di non staccare mai davvero la spina rispondendo a mail e telefonate a qualsiasi ora del giorno: per questo è di stretta attualità il dibattito sul cosiddetto diritto alla disconnessione.
Eppure garantire il rispetto delle esigenze di famiglia e di svago è per le aziende sempre più importante: i lavoratori infatti sono portati a scegliere l'azienda dove prestare servizio in base al potenziale di work-life balance che essa propone e allo stesso tempo la "ricambiano" con una maggiore produttività.
L'equilibrio tra i tempi del lavoro e quelli della vita è principalmente in mano alle aziende, quindi, ma non è vero che i lavoratori siano solo soggetti passivi. Ognuno di noi, infatti, può trovare il proprio personale compromesso e seguirlo con coerenza a prescindere dal tipo di mestiere che svolge.
La riflessione principale da fare, se sei in cerca del tuo equilibrio, è domandarti chi sei, quale è la tua natura personale e che tipo di legame hai con il tuo lavoro. È vero che senza lavorare non si mangia, ma gestendoti bene puoi trasformare questa necessità in una opportunità per crescere ed essere felice.
Chiediti quindi quali siano le tue caratteristiche salienti e i tuoi interessi e come questi si colleghino al tipo di impegno lavorativo che hai: molto spesso siamo portati ad adottare atteggiamenti stacanovisti più per per via di un preconcetto che di un reale desiderio. Alcune persone considerano il proprio lavoro una vera passione, mentre altre subiscono il superlavoro come una necessità ineluttabile decisa dall'alto: in questo caso saper dire "no" è un'abilità da allenare.
Un'altra abilità da allenare è quella che insegna anche alle persone più impegnate a ritagliarsi quindici, venti, sessanta minuti ogni giorno per se stessi, e per nessun altro. Il lavoro può essere una benedizione o una maledizione, a seconda di come la si vede, ma il principale dovere della nostra vita lo abbiamo con noi stessi e nei riguardi della nostra felicità.