Quando due persone si incontrano ognuna porta con sé un bagaglio di modelli e abitudini relazionali, di “teorie” e aspettative, di bisogni da soddisfare, di domande alle quali rispondere per trovare una via d’uscita a difficoltà sentimentali precedenti, fantasie e bisogni evolutivi, o regressivi, spesso legati a ruoli e funzioni assunte all’interno della famiglia di origine o a precedenti rapporti di coppia. Le persone, quindi, vivono le relazioni sentimentali non solo sulla base degli aspetti “pragmatici” e coscienti della relazione con l’altro, ma anche in funzione delle rappresentazioni interne, i modelli, che hanno costruito nel corso dell’esistenza all’interno dei rapporti più significativi.
Ma qual è il meccanismo attraverso il quale avviene la scelta di una persona piuttosto che di un’altra? Cosa del proprio bagaglio personale peserà maggiormente nell’effettuare la scelta? Gli aspetti implicati nel meccanismo di scelta sono molteplici: generalmente il partner, l’amato, è sempre, in parte, usato narcisisticamente come un contenitore per alcune parti di noi, cioè in lui proiettiamo uno o più aspetti complementari di noi. Questo meccanismo può investire parti idealizzate del sé, come per esempio nell’innamoramento, o parti indesiderabili, angoscianti e difficili da gestire.
Tale processo può dimostrarsi evolutivo, e favorire l’integrazione, quando il rapporto con il partner permette di riconoscere e “bonificare” le parti di noi che abbiamo fino a quel momento respinto o, al contrario, può andare nella direzione di un uso difensivo dell’altro, per cui la relazione diventa il mezzo per negare la propria realtà psichica, ignorando e misconoscendo le parti del sé che sono state riposte nel partner, e mantenendo, allo stesso tempo, anche un controllo sugli aspetti angoscianti e ingestibili del sé.
La scelta del partner, da questo punto di vista, è tutt’altro che casuale, infatti, il prescelto deve rappresentare il contenitore “adatto” alle nostre proiezioni e alle nostre mancanze e questo deve avvenire per entrambi i membri della coppia. In questo senso, diversi autori si riferiscono al matrimonio come a una relazione terapeutica naturale, cioè a un terreno comune di scambio all’interno del quale è possibile trovare un contenitore idoneo all’elaborazione ed integrazione dei nuclei non risolti di ognuno di noi. In quest’ottica, i lutti e le separazioni sono esperienze molto difficili da affrontare perché comportano la perdita, oltre che della persona reale, anche di aspetti del proprio sé, del senso di identità ed equilibrio interno che è stato affidato all’essere in coppia.
Su un piano più prettamente biologico, in particolare secondo le teorie evoluzionistiche, l’uomo sceglie da sempre delle partner che gli diano maggiori probabilità di garantire la sopravvivenza della sua prole. Nel sesso maschile, le strategie migliori per assicurarsi una buona discendenza sono state quella di massimizzare il numero di rapporti sessuali con partner diversi e quella di preferire, in maniera del tutto inconsapevole, quelle caratteristiche femminili di per sé indicative di salute, giovinezza e fertilità (la pelle liscia, un corpo e un viso ben proporzionati ecc). La bellezza è da sempre un segnale di benessere fisico e di salute. Ancora oggi, come millenni fa, l’evidenza empirica ci suggerisce che gli uomini siano maggiormente attratti da donne giovani e belle. Le femmine, invece, hanno da sempre preferito e scelto uomini con caratteristiche di maggiore disponibilità a proteggere e accudire la famiglia. Con la precisa finalità di massimizzare le probabilità di sopravvivenza della propria prole, le femmine hanno scelto nel corso dei millenni maschi che fossero più “affidabili”.
Su un piano più propriamente psicologico e sociologico, invece, ciò che ci guida nella scelta del nostro partner è, in linea generale, il principio della somiglianza. Molti studi sembrerebbero confermare che le coppie durature sono caratterizzate da un’alta somiglianza fra i partner rispetto a intelligenza, valori, caratteristiche di personalità e interessi. Le persone tendono a cercare partner che abbiano valori simili, ad esempio che abbiano la stessa opinione sulla politica, sulla religione, ecc. Rispetto alle caratteristiche di personalità si tende a preferire come partner una persona incline alla vita sociale se si è estroversi, oppure una persona che ama la vita tranquilla e ritirata se si è introversi. Viceversa, le coppie i cui partner hanno caratteristiche opposte tendono a restare unite per un lasso di tempo inferiore. Quando si sceglie un partner con caratteristiche molto diverse, spesso lo si fa solo per l’attrazione fisica. Ciò che davvero consolida le coppie dopo diversi anni, più che l’attrazione fisica, è dunque la similarità complessiva.
Infine, un ultimo fondamentale aspetto che ci guida nella scelta del nostro partner ha radici più profonde e riguarda il modello che ci prefiguriamo che quella relazione sarà, cosa cioè ci aspettiamo da essa. E’ uno “schema” che ricalca in linea generale quello che abbiamo sperimentato nel corso delle nostre primissime relazioni significative, ovvero quelle con i nostri genitori. E’ l’esperienza del nostro primo amore, quello con nostra madre o con chi si è preso cura di noi, che ci imprime nella mente un’idea di cosa ci dovremo aspettare dalle relazioni importanti. Se ho appreso nel corso della mia esperienza personale che in una relazione significativa c’è da aspettarsi soprusi e angherie è possibile che, nonostante le sofferenze che provo nel subire soprusi, io selezionerò come partner qualcuno che mi faccia soffrire. Molto probabilmente, un partner dolce e affettuoso che porta nella relazione uno “schema” diverso dal mio, ovvero uno schema orientato alla cura e all’accudimento, mi sembrerà noioso e poco interessante.
Ogni individuo, infatti, trova nell’universo di valori familiari e nei suoi miti una peculiare collocazione, funzionale alla soddisfazione dei suoi bisogni primari e al suo equilibrio psico-affettivo. Il mito familiare da un lato ha una funzione omeostatica, ossia stabilizzante perché, assicurando continuità all’identità dei suoi membri e alle relazioni reciproche, funziona come mezzo di resistenza al cambiamento; d’altro canto, con il tempo può subire delle modificazioni importanti e questo spesso avviene in corrispondenza delle tappe evolutive, in cui è richiesta una modificazione funzionale dei rapporti all’interno del sistema. È intuitivo quindi come anche il mito familiare, e il mandato che lo veicola, abbiano una funzione importante nel determinare la scelta del partner. Quando il mito familiare prevale sui bisogni individuali, la spinta a realizzarlo è tale da sostenere la convinzione che esso esprima il tipo di legame più idoneo a soddisfare le esigenze individuali; in altri casi si può invece assistere a una ribellione, più o meno cosciente, al mandato e a una conseguente scelta del partner con caratteristiche opposte a quelle previste. In entrambi i casi è comune che le aspettative sul piano affettivo rimangano insoddisfatte. Comunque quanto più il mito sarà ricco e articolato tanto maggiori saranno le possibilità di scelta e sviluppo individuale, al contrario tanto più una componente prevarrà sulle altre quanto minori saranno le possibilità che un’ampia gamma di bisogni venga considerata e soddisfatta all’interno della relazione di coppia.
In conclusione, la scelta del partner, anche quella apparentemente più spontanea, acquista un senso solo alla luce di una più attenta analisi degli elementi che l’hanno determinata. In particolare il mito, in virtù della sua matrice prettamente relazionale, sembra fare da cornice alla costruzione delle rappresentazioni interne individuali.