I 10 errori di scrittura più frequenti: conoscerli per evitarli
Alcuni errori di scrittura sono talmente comuni che sembra difficile evitare di “cascarci”: ecco un elenco dei più frequenti, utile per togliersi il dubbio.
L’italiano è una lingua complessa ed è normale cadere ogni tanto in errore, soprattutto quando si tratta di scrivere. Alcuni errori, poi, sono talmente frequenti da passare facilmente da una persona all’altra: visto che tanti scrivono in un certo modo, si tende a pensare che sia giusto. Per questo riteniamo utile passare in rassegna i dieci errori più frequenti che le persone commettono scrivendo, per togliere finalmente ogni dubbio su quale sia la versione corretta.
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- “Qual’è” anziché “qual è”: la forma corretta è quella senza apostrofo. Non siamo di fronte a un’elisione, ma a un troncamento. “Qual” funziona come “tal”, “buon”, “ben”… perciò non c’è bisogno dell’apostrofo.
- “Dò” anziché “do”: la lingua italiana è sempre parsimoniosa con gli accenti e spesso li richiede nel caso ci sia bisogno di distinguere due parole omografe. Ad esempio “dà” (voce del verbo dare) ha bisogno dell’accento perché si potrebbe confondere con “da” (preposizione). Con “do”, sempre dal verbo dare, la confusione potrebbe sorgere al massimo con “do” nota musicale, ma sarebbe un caso troppo limitato per giustificare l’accento.
- “-gli” anziché “-le”: se il complemento di termine si riferisce a un elemento femminile, deve essere declinato al femminile. Ad esempio: “chiama la mamma e dille di venire” è corretto. Molte persone sbagliano e scrivono “digli”, come se tutto fosse sempre declinato al maschile.
- “Fin’ora” anziché “finora”: stiamo parlando di un avverbio, un elemento che non si apostrofa mai.
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- “Vicino Roma” anziché “vicino a Roma”: quando usiamo la parola “vicino”, dobbiamo sempre costruire la frase con la preposizione “a”.
- “Fà” anziché “fa”: in nessun caso si può scrivere “fa” (dal verbo fare) con l’accento. Sarebbe sempre sbagliato. Solo in un caso si può scriverlo, invece, con l’apostrofo: quando il verbo fare è coniugato alla seconda persona singolare dell’imperativo: “fa’ il bravo”.
- “Donne incinta” anziché “donne incinte”: siamo di fronte a un aggettivo, non a un avverbio. Quindi bisogna sempre declinarlo.
- “Piuttosto che” con valore disgiuntivo anziché avversativo: purtroppo molte persone, anche discretamente colte, usano “piuttosto che” come sinonimo di “oppure”. Ma è un errore: “piuttosto che” è sinonimo di “anziché”! Se dico “prendo la pasta piuttosto che la carne” sto dicendo che non voglio la carne.
- Parole straniere al plurale: le parole straniere, quando sono usate in italiano, non si declinano. Ad esempio si scrive “guardo molti film” anziché “guardo molti films”.
- “E’” anziché “è”: il verbo essere alla terza persona singolare si scrive con l’accento, non con l’apostrofo. Va detto che spesso le persone anziane commettono questo errore quando scrivono utilizzando la tastiera del PC o del cellulare, solo perché non sanno trovare il tasto della “e” accentata.
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Questi erano gli errori più frequenti che gli italiani commettono nello scritto. Ma ci sono moltissime altre situazioni che generano dei dubbi. Come trovare una risposta? Consultando il sito dell’Accademia della Crusca o della Treccani: queste due istituzioni sono sempre impegnate nella protezione della lingua italiana e pubblicano costantemente articoli utili a chi vuole scrivere in italiano corretto.
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