È una cosa comune a tutte le famiglie riconoscere all’interno del nucleo una persona con il ruolo di pilastro, a cui chiedere consiglio e alla quale appoggiarsi in caso di difficoltà o problemi più o meno risolvibili; la forza che si attribuisce alla persona viene riconosciuta implicitamente, il più delle volte anche all’insaputa dell’interessato.
Per carattere o predisposizione sembra essere il più portato a fungere da collante all’interno della famiglia in vari ambiti che si presentino di volta in volta, dalle questioni economiche fino a agli aspetti più banali della vita quotidiana. Conseguentemente gli altri membri della famiglia, riconoscendo alla persona queste doti, la prendono come un riferimento costante.
Questo ruolo ha ovviamente alcune sfaccettature, positive o negative a seconda dei punti di vista, che lo caratterizzano e lo rendono unico nel nucleo familiare in quanto raramente viene passato il testimone a qualcun altro o gestito in condivisione.
La genesi del fenomeno è variegata: si parte dal senso di responsabilità che l’individuo dimostra verso la propria famiglia, alla bravura nel risolvere problemi, oppure al puro e semplice posizionamento nell’albero genealogico (il fratello maggiore, la madre, ecc.). Essere considerata la persona forte della famiglia può costituire per chi è investito di tale ruolo un motivo di orgoglio perché si sente importante e quasi indispensabile per gli altri: una sorta di capobranco, tanto per utilizzare una metafora.
Gli equilibri potrebbero però incrinarsi allorquando il cosiddetto forte si trovasse in situazioni personali o psicologiche particolari, nel corso della vita, o perché la persona potrebbe uscire dal nucleo familiare per formarne un altro, nel caso del figlio maggiore, o per motivi individuali di stanchezza/ problemi di salute, ecc.
Una delle dinamiche collegate all’individuazione della persona forte è che gli altri membri della famiglia, abituati a delegare mansioni e responsabilità, tendono gradualmente a non assumersi nessun onere e quindi a deresponsabilizzarsi da ogni ambito. E non solo! Per un meccanismo psicologico perverso, si finisce per far sentire in colpa il “forte della famiglia” qualora si rifiutasse o non fosse più in grado di esercitare il ruolo.
Alla base di ciò, a ben pensarci, da parte degli altri membri della famiglia vi è spesso una sorta di manipolazione, il più delle volte inconscia, del familiare eletto come forte, la quale può ingenerare un corto circuito psicologico sull’interessato.
La manipolazione può sottendere semplicemente un atteggiamento egoistico nel voler delegare completamente all’altro incombenze e pensieri, quindi l’atteggiamento ideale dovrebbe essere quello dell’occasionalità in modo da non appesantire la persona forte della famiglia.
Come in ogni ambito si dovrebbe riuscire a mantenere un giusto equilibrio all’interno dei rapporti familiari, improntato alla reciprocità e alla condivisione dei carichi familiari e delle preoccupazioni del vivere quotidiano le quali, ad ogni latitudine, ci accomunano.
Il “forte della famiglia” deve ricordarsi di essere pur sempre un individuo con le proprie esigenze e dovrebbe diventare consapevole del fatto che i suoi confini personali non devono essere violati.