A molte persone capita di sentirsi diverse in base alla stagione: alcuni notano di sentirsi più rilassati in estate e altri in inverno; avvertono che per loro c’è una stagione “buona” in cui si sentono più pronti e motivati e un’altra “cattiva” in cui sono più tristi e lenti. Solo un’impressione, una fantasia? No! È vero che le facoltà cognitive e l’umore subiscono delle variazioni (anche se non troppo rilevanti) in base alla stagione.
Secondo gli scienziati esistono nell’uomo dei veri e propri ritmi biologici che creano variazioni dell’attività mentale nel corso dell’anno. Questo non vuol dire che le prestazioni delle persone cambino da una stagione all’altra: non si è più o meno intelligenti in inverno o in estate. Piuttosto, a cambiare sono le risorse che il cervello utilizza per affrontare i problemi.
La maggior parte degli animali ha un ritmo biologico fortemente legato alle stagioni: pensiamo agli orsi che vanno in letargo o ai cervi che in primavera hanno il loro periodo degli amori. Gli esseri umani non hanno un ritmo così marcato, è vero però che alcune persone sperimentano fluttuazioni dell’umore in base al periodo dell’anno. Un segnale interessante del ruolo delle stagioni sulla nostra psiche si può rintracciare in quella minoranza di persone che soffre della cosiddetta depressione stagionale. Questo tipo di fluttuazione è dimostrato e conosciuto da tempo, ma fino a poco tempo fa non si pensava che anche i processi cognitivi potessero cambiare dall’estate all’inverno.
Invece uno studio dell’università di Liegi ha scoperto che anche fattori come l’attenzione e la memoria variano in base alla stagione. Questo è dimostrato da test, condotti con risonanza magnetica funzionale, che sono stati compiuti su una discreta platea di volontari in momenti diversi dell’anno. Anche se le prestazioni dei partecipanti allo studio restavano tutto sommato stabili da una stagione all’altra, il team di scienziati ha riscontrato variazioni nelle capacità cerebrali superiori (memoria) e nella soglia d’attenzione. Gli studiosi pensano che queste fluttuazioni dipendano in parte dalla quantità di ore di luce di cui è possibile godere durante il giorno, oltre che dalla quantità di interazioni sociali.
Questi studi sono particolarmente importanti per capire se e come il cervello delle persone può essere influenzato dagli ambienti estremi: pensiamo a chi vive in prossimità dei poli, nei Paesi scandinavi o in alta montagna. La quantità ridotta di ore di luce disponibili è un fattore importante principalmente per l’umore, mentre le ridotte interazioni sociali tipiche di chi trascorre l’inverno in luoghi inospitali e desolati sarebbero responsabili di un po’ di “lentezza mentale” in certi momenti dell’anno. La buona notizia è che nel complesso il cervello è in grado di far fronte anche a queste difficoltà, soprattutto se è bene allenato e se c’è da parte della persona l’impegno a mantenere frequentazioni continue e interessanti.